Gian Micalessin
Le grandi manovre sono iniziate. E non solo a Beirut. Nella capitale sono in corso i colloqui per lallargamento del governo. Chiamarle «consultazioni» è un eufemismo. Dietro le mura del Parlamento di Beirut si consuma un tentativo di colpo di Stato. Un golpe pianificato a Damasco, appoggiato da Teheran e affidato a Hezbollah e ai suoi alleati filosiriani.
Tuttattorno si moltiplicano gli allarmi. A Teheran Sobhe Sadegh, organo ufficiale dei pasdaran iraniani, invita Hezbollah a colpire Tel Aviv con i propri missili. «Hezbollah - scrive la rivista - dovrebbe colpire Tel Aviv per far capire ai sionisti che nella loro condizione geografica non esistono luoghi sicuri». Un invito da non sottovalutare. Sono stati i pasdaran a fondare Hezbollah, sono loro ad addestrarli e a coordinare gli invii di missili e armamenti. Sobhe Sadegh consiglia inoltre di far coincidere lattacco su Tel Aviv con «la prossima riunione internazionale di una certa importanza». Un velato riferimento, secondo alcuni analisti, alleventuale voto del Consiglio di Sicurezza dellOnu sulle sanzioni contro la politica nucleare iraniana. Tanto per rincarare la dose, il generale Yahya Rahim Safavi, comandante in capo dei pasdaran, propone di mettere a disposizione di «tutti i Paesi amici» gli arsenali missilistici iraniani.
Tutti segnali, secondo i vertici militari israeliani, di una nuova, prossima guerra destinata a scattare entro la prossima estate. I venti di guerra non allarmano solo Israele. Nel sud del Libano i comandanti della forza internazionale hanno già compreso che la missione Unifil dellOnu, decisa e attuata troppo in fretta, rischia di ritrovarsi prigioniera delle ambiguità libanesi. Da Beirut a sud del Litani, lopinione pubblica libanese sente puzza di guerra civile. Hassan Nasrallah ne ha già fissato linizio. Scatterà il 13 novembre quando, in caso di mancato accordo sullallargamento del governo, i suoi militanti inonderanno piazze e città del Paese. Una minaccia a cui ha immediatamente risposto il leader cristiano Samir Geagea promettendo di fare altrettanto.
Prigioniero di questa situazione da brivido il premier Fouad Siniora si dibatte tra lincudine e il martello. Accettando lallargamento dellesecutivo, cedendo al ricatto del segretario generale di Hezbollah e dei suoi alleati, concedendo loro il preteso controllo di un terzo dei ministeri firmerà la propria condanna a morte. Un terzo dei ministri, grazie alle bizantine regole della Costituzione libanese, può bloccare qualsiasi decisione dellesecutivo, può persino, dimettendosi, costringere il premier a convocare nuove elezioni. Fouad Siniora, il leader druso Walid Jumblatt e Saad al Hariri, figlio del premier assassinato e capofila della coalizione antisiriana, cercano di giocarsela sul piano politico. Propongono un accordo di compromesso. Consentite a metter fine alla presidenza di Lahoud dicono a Hezbollah e ai suoi alleati e noi vi concederemo lallargamento del governo. La mossa politicamente ha senso. Nel 2004, pur di allungare il mandato di Emile Lahoud, Damasco si sbarazzò di Rafik Hariri condannandolo prima alle dimissioni e poi a morte. Sostituire Lahoud con lambizioso generale cristiano Michel Aoun potrebbe disinnescare la mossa dellasse filosiriano. Aoun, il generale sconfitto e condannato a 15 anni desilio da Damasco, si è riavvicinato alla Siria solo per vendicarsi di chi alle elezioni del 2005 gli rifiutò un posto nella coalizione vincente. Regalargli la poltrona di presidente potrebbe convincerlo a ritrovare la retta via togliendo a Hezbollah e agli alleati filosiriani lappoggio del suo consistente gruppo parlamentare.
Ma la battaglia, purtroppo per Siniora, Jumblatt e Hariri junior, non è solo politica. Gli interessi sono molto più vasti. Teheran punta a bloccare il disarmo di Hezbollah per realizzare il disegno geopolitico di un asse sciita esteso, attraverso Irak e Siria, fino al Sud del Libano.
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