Roma - La Casta trema e corre ai ripari. E parte la gara a chi taglia di più. Invocano le forbici il Senato, la Camera, il governo, le Regioni, le Province, i Comuni. È partito Schifani due giorni fa: nel giro di tre anni taglieremo 120 milioni di euro di spesa di palazzo Madama. Gli ha fatto eco Fini ieri: beh, allora anche noi di Montecitorio facciamo lo stesso e ridurremo i costi di 110 milioni nello stesso triennio. Anzi no. Risparmieremo 151 milioni di euro fino alla fine della legislatura. Il presidente snocciola le cifre: «La Camera restituirà al bilancio dello Stato 20 milioni nel 2011, 20 nel 2012 e 20 nel 2013. Sessanta milioni in tutto del danaro del contribuente verrà restituito al ministero dell’Economia. Il risparmio complessivo da qui alla fine della legislatura sarà di 151milioni» articolati in risparmi su «spese su locazioni, su ristorazione, su beni e servizi, sull’autorimessa, sulla comunicazione». Bene. Anche se la biondissima leghista Francesca Martini lo bacchetta: «Si blocchino gli aumenti degli stipendi dei dipendenti di Montecitorio, invece, come ha fatto il Senato. Aumenti a pioggia del 3,2% concessi poche settimane fa con un accordo sindacale. Un accordo fatto passare in sordina e sotto traccia. Così, mentre Fini sbandierava tagli ai costi, in silenzio venivano aumentate le buste paga di funzionari, impiegati e commessi, già elevatissime rispetto a tutti gli altri lavoratori esterni al Palazzo».
Il ministro Brunetta ha il pallino dei fannulloni e propone: «Decurtiamo lo stipendio dei parlamentari in caso di assenza sia ai lavori che alle votazioni di Camera e Senato». In fondo, è il suo ragionamento, in Europa funziona così. «All’Europarlamento gli emolumenti dei politici vengono ridotti anche della metà in base alle assenze». Il governo intero, comunque, per mano di Calderoli pigia l’acceleratore sul disboscamento dei parlamentari: «Tagliare i costi della politica? A parole in questi giorni si stanno spendendo tutti, noi invece siamo passati ai fatti, mettendo nero su bianco una riforma costituzionale che prevede il dimezzamento del numero dei parlamentari e conseguentemente il dimezzamento dei costi dell’intera struttura parlamentare, perché dimezzando il numero dei parlamentari dimezzi anche il costo di stipendi, vitalizi, pensioni, collaboratori ecc...». Oggi la bozza sarà approvata dal Cdm.
C’è ansia di proporre la ricetta giusta per la cura dimagrante dello Stato. Il governatore lombardo Formigoni azzarda: «Riduciamo il numero delle Regioni oltre che delle Province e dei Comuni. Non si tratta ancora di una proposta concreta, ma ci sto ragionando su. Da venti potremmo passare a dodici».
Già, le Province. Considerate enti inutili, dicono la loro: «Ma noi rappresentiamo soltanto l’1,5% della spesa pubblica e nel 2010 abbiamo speso 1 miliardo e 360 milioni di euro in meno rispetto al 2008».
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