La «libera» stampa grazia Fini: gara a occultare l’affaire Tulliani

RomaSarà che tira più una bella marocchina che un bell’appartamentino, ma la notizia c’era eccome eppure è stata imboscata o nemmeno pervenuta. Tutti presi a spandere labbra, cosce e decolleté tra pagina 2 e pagina 6, la notizia più importante e autorevole della giornata, le confessioni della nuova Noemi in versione nordafricana, stile Vacanze sul Nilo per la regia di Vanzina e Barbacetto. Intanto, ma senza risvolti sessuali, si scopriva qualche dettagliuccio sulla casetta di Tulliani a Montecarlo. Roba da niente, soltanto che la firma della società che affitta (l’ormai celebre Timara) e quella dell’affittuario (il celeberrimo Elisabetto) sono identiche, e che a dirlo sono i magistrati. Insieme a questo si scopriva che Fini è l’indagato più veloce della storia italiana, iscritto la mattina e archiviato il pomeriggio, così per non farlo sapere agli indiscreti, a cui lasciare la visione di «La marocchina e il questore», vicenda molto più importante di un immobile di partito svenduto al cognato del leader. Sull’Unità di Concita, totalmente presa dal filone sexy, la notizia scompare del tutto. La Repubblica, ancora più eccitata dai racconti hard, se ne ricorda vagamente solo a pagina 11, mascherandola con un titolo a cui servirebbe il decoder: «Il prezzo della casa ex An me lo disse Gianfranco», cioè la testimonianza di Pontone in Procura. Manca solo qualcosa nell’articolo, cioè l’esistenza di un’offerta - anch’essa nelle carte dei magistrati - tre volte superiore a quella poi accettata da Fini, e la coincidenza della firme, che prova a chi sia finito quell’appartamento. Niente, i segugi di Repubblica lavorano volentieri solo quando si tratta di fiutare una pista che porti a Berlusconi, altrimenti non si appassionano più di tanto.
Anche quelli del Fatto, in piena tempesta ormonale, estraggono il beauty case per fare trucco e parrucco alla titolazione su Fini e Montecarlo. Giallo che avevano seguito con attenzione, fino al semi autogol dell’intervista al ministro di Saint Lucia, cercato (e trovato) per fargli confessare che fossero tutte balle, ma disgraziatamente invano. Stavolta il gioco alla Silvan fa comparire un pezzo a pagina 7 (ma solo perché ne ha 19 in tutto) titolandolo ad arte per far sparire la notizia (e pensare che proprio Travaglio ha scritto La scomparsa dei fatti...). Eccolo, sim sala bim: «Montecarlo, la verità dei pm», che è come non dire niente. La spiegazione, se così si può dire, nel catenaccio: «Nella richiesta di archiviazione depositata dalla procura di Roma non chiariti tutti i misteri», che è come aggiungere un nulla al nulla precedente. Nel sommario in basso, invece, si riesce a spiegare il mistero facendo pensare che ce ne sia un altro: «Confermata la firma identica di locatore e locatario in due documenti», cioè la firma di Tulliani, che firma sia come «conduttore» che come «locatore». Eppure, nella riga sotto, «resta il mistero sul ruolo di Tulliani». Ma quale?
Anche il Corriere si rifugia in un innocuo «Casa di Montecarlo, le carte della Procura», però almeno nel sommario fa accendere nel lettore il dubbio che ci sia del marcio in Danimarca e pure a Montecarlo. «Nelle 900 pagine si scopre che Fini è stato indagato lo stesso giorno della richiesta di archiviazione». Il titolo vero, cioè la notizia che è Tulliani il proprietario di quella casa - almeno secondo quanto ricostruisce la Procura -, finisce annacquato in un sommarietto, e spiegato meglio nelle ultime cinque righe dell’articolo.

Laggiù, e solo laggiù, si spiega che «le carte sembrano confermare il dubbio che Tulliani sia in realtà il proprietario, visto che ha pagato contemporaneamente il canone e le spese di ristrutturazione». Una notizia, ad occhio e croce. Che però non viene richiamata in prima, nemmeno in versione soft. Bè certo, c’era da mettere «l’orso polare che abbraccia i cani».

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