da Roma
Guarda il cielo una, due tre volte. Respira forte, pochi attimi per un pieno di sole. Mai calura estiva era sembrata così dolce, a Ottaviano Del Turco. «Sono in grande forma, mi hanno trattato benissimo», dice con il sorriso mite di sempre, capace di velare ogni ironia. È dimagrito, non vede lora di «farsi una doccia». I suoi 28 giorni di passione sono alle spalle, dietro quella porta del carcere di Sulmona (Pescara) varcata una decina di minuti dopo luna. Labbraccio con il figlio Guido e la compagna Cristina, poi la corsa nella Volvo bianca verso Collelongo, il paesino natale abbarbicato a 750 metri sullAppennino marsicano, dove lex governatore dAbruzzo resterà agli arresti domiciliari.
«Beato a chi ce lha», esclama Del Turco nella lingua di qui, e lo ripete al sindaco e ai tanti amici che lo applaudono allarrivo. «Collelongo è bellissimo...». Gli chiedono di affacciarsi al balcone, lui tentenna, non vorrebbe strafare, alla fine lo convincono. «È un bellissimo prologo per il processo», commenta, ma subito si morde la lingua: non è il momento delle parole, questo. «Parlerò soltanto dopo l8 settembre, solo dopo il primo confronto con quel signore lì...». Il «signore» è Vincenzo Angelucci, limprenditore della Sanità che con le sue rivelazioni ha fatto scattare gli arresti che hanno devastato la Regione abruzzese. Accuse da confermare, e prove forse non più tanto schiaccianti come dichiarato dalla Procura nei primi giorni dellinchiesta.
Dai domiciliari nella casa avita Del Turco preparerà la sua battaglia giudiziaria. Paradossalmente con minori possibilità di contatti che in carcere, visto che vedrà soltanto familiari e legali. Ma questo è forse lunico paradosso scontato, in una vicenda che ne è piena persino nel giorno della scarcerazione. Paradossi tristi e un po buffi, come la prescrizione prevista dallordinanza firmata dal Gip, Maria Michela Di Fine, a proposito del percorso verso casa: «soli e senza scorta, seguendo le vie più brevi e senza deviazioni di sorta», scrive la rigidità burocratica.
Cè di peggio, però. Perché nellordinanza (che ha concesso i domiciliari anche a Lamberto Quarta, Camillo Cesaroni e Antonio Boschetti) si ritiene «del tutto cessato il pericolo di inquinamento probatorio, non escludendo, però, in astratto, la possibilità di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede». Formula ben oltre il limite del paradosso. Così il quadro descritto dei contatti avuti in carcere dallex governatore: «Nonostante limposizione della misura cautelare di massimo rigore - sostiene il Gip -, numerose iniziative... hanno consentito di superare il divieto di comunicazione con gli altri indagati, al punto di determinare persino il rilascio di interviste e dichiarazioni degli indagati apparse sulla stampa (il Giornale, ndr) sia pure attraverso interposte persone... Numerosi elementi consentono di ritenere perdurante il pericolo di commissione di ulteriori atti nellinteresse del sodalizio criminoso, non solo in funzione... difensiva ma anche allo scopo di portare a ulteriore compimento le condotte delittuose loro ascritte attraverso operazioni di definitiva sistemazione... dei proventi illeciti a essi derivati, ovvero di rinnovato ricorso al sistema della diffusa illegalità...».
Ma allora su quali basi il Gip ha ravvisato l«attenuazione della situazione» per Del Turco e gli altri? Per lex governatore, oltre alletà (63 anni), le motivazioni corrono, temerarie, ancora sul filo della logica: «Va considerato che liniziativa delle dimissioni dalla carica pubblica rivestita, indipendentemente dalle recondite ragioni che lhanno determinata, costituisce un primo motivo apprezzabile quantomeno in termini di presa di coscienza delle conseguenze delle proprie azioni nellambito della struttura pubblica di svolgimento delle condotte di reato...». Sarà litaliano burocratese, sarà il mese dagosto.
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