Cultura e Spettacoli

«La libertà dell’islam corre sulla rete»

Parla Pierre Akel, l’intellettuale libanese che ha creato un sito per i liberali del Medio Oriente. «Il web non è ancora controllato dai governi: abbiamo 40.000 lettori al giorno»

«La libertà dell’islam corre sulla rete»

Uno degli strumenti più utilizzati dagli estremisti islamici è senza dubbio internet. I nuovi liberali, quegli intellettuali arabi-musulmani che credono nel carattere universale dei valori civili affermatisi in Occidente, invece cominciano ora a fare sentire distintamente la loro voce. In queste settimane è uscita un’antologia curata da Valentina Colombo (Basta! Musulmani contro l'estremismo islamico, Mondadori, pagg. 364, euro 9.40) che raccoglie alcuni dei contributi più significativi di coloro che, impropriamente, vengono ancora chiamati «moderati», scritti che, per buona parte, sono stati scaricati proprio dal web. Il più importante sito liberale esistente è quello creato da Pierre Akel, un intellettuale di origine libanese residente a Parigi dal 1976. Il sito si chiama Middle East Transparent (www.metransparent.com) ed è disponibile in versione araba, inglese e francese; è autofinanziato dal curatore e non accoglie alcuna inserzione pubblicitaria, allo scopo di garantirsi la massima autonomia.
In esclusiva per i nostri lettori abbiamo incontrato Pierre Akel per parlare con lui di liberalismo.
Dottor Akel, perché ha creato un sito liberale?
«Per diverse ragioni. Nell’area arabo-musulmana i liberali non sono pochi, come spesso si crede in Europa e negli Stati Uniti. Sono invece un’ampia schiera, ma non sono liberi. La loro condizione è simile a quella prevalente nei Paesi dell’Europa orientale prima della caduta del Muro di Berlino. Dopo l’11 settembre era diventato urgente creare un sito liberale indipendente: l’oscurantismo non solo è una minaccia per gli Stati Uniti, ma rischia di impadronirsi anche del Medio Oriente. Tutti i media arabi (televisione compresa) sono controllati dai rispettivi governi o dai Paesi produttori di petrolio. Su internet, invece, la gente può pubblicare qualsiasi cosa, e non esiste alcuna “linea rossa” (si possono anche usare pseudonimi, per esempio), infrangendo così il monopolio dei regimi sull’informazione. Internet è un’opportunità storica per il liberalismo arabo».
Chi scrive per il suo sito? E come si finanzia?
«Oltre 300 collaboratori - prevalentemente arabi ed alcuni pachistani, israeliani ed americani - stanno ora scrivendo regolarmente per Middle East Trasparent. Inclusi alcuni coraggiosi prigionieri politici siriani, il 95 per cento dei collaboratori vive nel proprio Paese, e solo alcuni di loro risiedono negli Stati Uniti o in Europa. Era fondamentale costruire un sito web che desse voce alle correnti liberali e democratiche presenti nel mondo arabo e musulmano: Metransparent non è un sito di emigrati. All’inizio ho finanziato io stesso il sito, dicendo no alle offerte provenienti dai regimi arabi. Abbiamo cominciato poi a ricevere contributi da lettori americani, canadesi, tedeschi, ecc., ma abbiamo ancora molte difficoltà, e non è del tutto scongiurato il rischio che si debba chiudere in futuro».
Cosa rappresenta il liberalismo arabo? E quali sono le sue fonti?
«Le idealità dei liberali arabi sono la democrazia e i diritti umani, vale a dire, il “modello universale” prevalente in Occidente (comprese le pari opportunità per le donne e i diritti delle minoranze). Noi non crediamo nel relativismo culturale. In ogni caso, Middle East Transparent non è solo un sito liberale; contiamo anche sull’apporto dei migliori esponenti del movimento per la riforma dell’islam. Si tratta di un movimento per molti aspetti radicale, che è parte integrante del liberalismo arabo. Come è noto, il cristianesimo e l’ebraismo si sono riformati, mentre la riforma dell’islam è stata bloccata nel IX secolo; oggi esiste però una forte spinta in questa direzione».
Chi sono i vostri lettori? Perché non aggiunge anche una sezione in italiano nel sito?
«Attualmente i nostri lettori sono quarantamila al giorno, ma puntiamo presto a raggiungere quota centomila. Poi ci piacerebbe pubblicare dei libri, creare una stazione radio e magari avere una rivista. Una televisione liberale è ancora un miraggio, per ragioni economiche ovviamente. Proprio ora stiamo ridisegnando Middle East Transparent per trasformarlo in un vero sito multilingue, che si possa leggere in arabo, inglese e francese. Il prossimo passo sarà la pagina in italiano, poi in tedesco e spagnolo. Abbiamo bisogno di aiuti finanziari e di volontari per sostenere questo sforzo. In Italia c’è una nutrita comunità islamica, e spero che molti fra i lettori di questa intervista si uniscano a noi per realizzare una sezione italiana di Middle East Transparent».
Qual è la sua opinione su Al-Jazeera?
«Al-Jazeera è uno strumento della politica estera del Qatar. Per fronteggiare l’Arabia Saudita, il Qatar si è alleato lui stesso con i Fratelli Musulmani. (La Società dei Fratelli Musulmani è una delle più importanti organizzazioni fra quelle che promuovono un’interpretazione politica dell’islam. È stata fondata da Hasan al-Banna in Egitto, nel 1928, a seguito della dissoluzione dell’Impero Ottomano, ultima concretizzazione storica del Califfato, la più tipica istituzione politica dell’islam sunnita, ndr), riflettendone l’ideologia, fatta di terrorismo e violenza, odio nei confronti di cristiani, ebrei, buddisti. Al-Jazeera è pericolosa: per esempio, sta trasformando l’islam del Nord Africa da sufi (il sufismo è la forma di ricerca mistica caratteristica della cultura islamica. È diffusa soprattutto nel sunnismo e, in quanto fenomeno ascetico, ha carattere pacifico, ndr) a fondamentalista. Nel contempo, trasmettendo i videotapes di Bin Laden e Zawahiri protegge il Qatar da possibili attacchi terroristici.
Cosa pensa del progetto del British Council di aprire nuove sedi in Medio Oriente?
«È una grande iniziativa che dovrebbe essere seguita dall’Unione Europea. Gli italiani, in particolare, dovrebbero fare la stessa cosa».
davideg.

bianchi@libero.it

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