Massimiliano Lenzi è uno dei pochi giornalisti che ha combattuto da toscanaccio quale è la battaglia di libertà contro il giornale unico del Coronavirus, durante il periodo del lockdown. Lo ha fatto sin dal primo momento e grazie a quello spirito libertario di Franco Bechis, dalle colonne del Tempo. Ne è uscito un libretto che consiglio: Shining Italia. La libertà contro la paura. Il senso di fondo lo si può ritrovare nelle prime pagine, la libertà contro la paura, secondo Lenzi è il nuovo e tragico bipolarismo globale per le democrazie liberali che il Covid si è portato con sé. A quante delle nostre libertà siamo disposti a rinunciare? Quante ne abbiamo già perse?
Da sempre, ce ne siamo dimenticati, le libertà hanno un prezzo. Per questo nella quarta di copertina il giornalista e autore televisivo ho scelto una frase di Curzio Malaparte. «La libertà costa cara. Molto più cara della schiavitù». Quanto al titolo, Shining Italia, è una citazione esplicita al film di Jack Nicholson che racconta il peggiore degli incubi. Un uomo di talento che perde la ragione.
Non tutti, evidentemente, l'hanno persa. E alcuni di loro sono intervistati proprio da Lenzi nel suo libro: delle perle nel deserto del conformismo sanitario di quelle ora. Da Giuseppe de Rita a Giorgio Agamben, da Massimo Cacciari a Sabino Cassese.
Quello di Lenzi è un continuo rincorrersi di riferimenti storici e letterari. Perché la libertà si deve manutenere e corre sempre un grande rischio. Quello di Carlo Levi che nasce dalla paura, «la paura della libertà, quella che ha generato il fascismo. Per chi ha l'anima di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell'avere un padrone». Ma c'è anche chi per la libertà, in questo caso negata, si uccide: «Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta» come scrive Dante, quasi giustificando, piazzandolo in purgatorio, chi si è ucciso per avere visto la propria libertà politica soffocata.
Il libro di Lenzi è una grande denuncia, più politica che tecnica, di quanto abbiamo vissuto in quei mesi degli arresti domiciliari. Ha colto il senso più intimo di quella tragedia politica: che non è solo quello partigiano delle cose giuste da fare, ma soprattutto quello liberale di ciò che non si sarebbe dovuto fare.
Non c'è un momento in cui si può dire di aver perso le proprie libertà, non siamo nella distopica Matrix in cui la fine inizia quando gli uomini oscurano il sole, siamo in un Occidente, che ha banalmente scelto di buttare a mare qualche secolo di storia.
Perdendo così il rispetto per se stesso. Non abbiamo costruito un ordine spontaneo, come Jack Necholson abbiamo gettato al vento una delle nostre conquiste più preziose: la libertà. Ma il film non è finito e possiamo rinsavire. Capito Wendy?
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