Roma

È in libertà vigilata, arrestato per ricettazione

Scarcerato grazie all’indulto, viene arrestato per armi e ricettazione. Tra pochi giorni il giudice del Tribunale di Sorveglianza, Paola Cappelli, dovrà decidere se Giulio Gentili, 49 anni, dovrà restare in galera o finire in una casa lavoro. Insomma, se considerare l’imputato pericoloso o meno per la comunità. Per il suo legale l’uomo, accusato di omicidio di volontario, ha pagato tutti i conti con il passato.
«Gentili ha già saldato fino in fondo il suo debito con la giustizia - spiega l’avvocato Gianluca Arrighi - sono fiducioso che le trasgressioni agli obblighi imposti dalla libertà vigilata verranno valutate e ridimensionate dal magistrato di sorveglianza».
La storia: dopo 12 anni passati in cella dei 18 anni della prima condanna, Gentili beneficia di una riduzione di pena di 4 anni per aver patteggiato in appello, poi di uno sconto in base all’indulto e, nel novembre 2007, torna a casa. Mattina e sera deve presentarsi ai carabinieri per l’obbligo della firma. Non può guidare e incontrare pregiudicati. Ma Gentili riprende a frequentare cattive compagnie, tanto che ad agosto viene arrestato per armi e ricettazione.
Un passato difficile da dimenticare il suo, soprattutto per i parenti di Ivano Di Battista, 44 anni, ucciso con tre colpi di pistola calibro 38 e sfigurato con un pietra sul volto. Un fatto di sangue accaduto in un cantiere edile in via di Macchia Saponara, Acilia, la notte fra il 13 e il 14 ottobre 1995. Movente? Una partita di cocaina tagliata male. Di Battista è stato assunto dalla società Industria Costruzioni. Ha due figlie di 12 e 20 anni da mantenere, Ivano, dopo la separazione dalla moglie avvenuta otto anni prima. Nonostante ciò frequenta gente poco raccomandabile.
«Arrivava nel tardo pomeriggio - raccontano gli operai - parcheggiava la sua Golf Gtd nera e si chiudeva nel suo stanzino fino al giorno dopo. Non usciva prima di mezzogiorno». Un personaggio strano: «Si arrabbiava spesso dicendo che il rumore delle gru non lo faceva dormire - ricorda il capo cantiere - era riservato, attento a non parlare di sé. Il dubbio su cosa facesse realmente la notte l’ho sempre avuto». Il corpo viene trovato il sabato mattina da un passante. Ivano è accanto al cancello accostato, immerso in una pozza di sangue. Il lucchetto aperto, la catena nella rete. Unica certezza è che doveva conoscere il suo assassino. Un regolamento di conti fra malavitosi? Di Battista abita al Fleming ma frequenta il giro degli spacciatori locali. Fra gli amici Giulio, un pregiudicato per droga e reati vari di 36 anni. L’indiziato numero uno viene portato in questura. Ci passa una notte intera interrogato dagli agenti e dal magistrato, il pm Gloria Attanasio.
Pressato dalle domande Gentili crolla. «Si sono stato io. Che dovevo fa dottò, appena siamo arrivati al cantiere quello ha ripreso a litigà, voleva attaccare briga, me sò difeso. Era notte, in giro nun c’era nessuno. Abbiamo discusso ancora un po’ e lui mi è venuto addosso. Non avevo altra scelta». Al processo vengono ripercorse le ultime ore del custode.

Di Battista e il suo carnefice si erano incontrati in un bar malfamato di Guidonia, dove era nata una lite con altri cinque malavitosi per una partita di coca di pessima qualità.

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