Tripoli - Si è chiusa una guerra diplomatica, ma anche di ritorsioni, durata 24 mesi e che ha coinvolto anche l'Unione Europea. Con la firma dell'accordo a Tripoli, alla presenza del ministro degli Esteri libico Moussa Koussa e dalla svizzera Micheline Calmy-Rey, si archivia il contenzioso fra Libia e Svizzera. Presente alla firma anche il ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, il cui Paese detiene la presidenza di turno della Ue, a dimostrare l'importanza che l'Unione Europea attribuisce ai rapporti con la Libia.
Da una parte ci sono le scuse di Berna per la pubblicazione delle foto segnaletiche del figlio del colonnello Gheddafi, Hannibal, scattate dalla polizia elvetica al momento del suo arresto un anno fa. Per lo stesso motivo, il cantone di Ginevra gli ha concesso un risarcimento pari a 1,5 milioni di euro. Dall'altra c'é l'ok di Tripoli per la liberazione dell'imprenditore svizzero Max Goeldi, arrestato in Libia il 19 luglio del 2008 insieme ad un altro uomo d'affari, Rachid Hamdani, per aver violato le leggi sull'immigrazione. La crisi diplomatica fra i due Paesi è iniziata dopo l'arresto di Hannibal Gheddafi e della moglie Aline a Ginevra, il 15 luglio del 2008, per maltrattamenti nei confronti dei loro due domestici. La coppia viene rilasciata su cauzione dopo undici giorni. La vicenda sembrava conclusa, ma tre mesi dopo la Libia decide di sospendere la concessione di petrolio alla Svizzera, di chiudere i suoi depositi nelle banche elvetiche e la filiale della Swiss Air a Tripoli.
La situazione si complica quando il quotidiano svizzero La Tribune de Geneve pubblica le foto segnaletiche di Hannibal Gheddafi. Un gesto che irrita Tripoli. E la reazione non si fa attendere: nel novembre del 2009 Goeldi e Hamdani vengono condannati a 16 anni di reclusione e al pagamento di una ammenda. Ma mentre nel gennaio di quest'anno, Hamdani è dichiarato innocente, Goeldi ottiene "solo" una riduzione della pena da 16 a 4 mesi di carcere. Berna allora decide di redigere una 'black list', cioé di una serie di persone non gradite, che comprende lo stesso colonnello Gheddafi, a cui è stato precluso l'ingresso in Svizzera e in altri Paesi dell'area Schengen. La Libia annuncia a sua volta il blocco dei visti di ingresso ai cittadini dei Paesi Schengen.
La crisi si allarga poi anche al tema della religione: un referendum in Svizzera, infatti, sancisce lo stop alla costruzione di minareti nel Paese. Gheddafi reagisce duramente e invoca la jihad (guerra santa). Una decisione che fa salire la tensione fra i due Paesi e induce gli Usa a intervenire. Quindi la Libia annuncia l'embargo commerciale totale nei confronti di Berna. A questo punto interviene la Ue che si impegna a far sentire "tutto il suo peso" per far siglare un accordo. Lo scorso marzo, con la cancellazione della 'black list', Berna ammorbidisce la sua posizione. Subito dopo seguita da Tripoli che riapre le frontiere ai cittadini Schengen.
Il "Piano d'Azione" Libia e Svizzera sono d'accordo, secondo il primo punto del piano d'azione, di creare un Tribunale Arbitrale. "Tribunale che era già stato approvato dal Presidente della Confederazione elvetica", ha sottolineato la Calmy-Rey, "il 20 agosto del 2009" e che sarà costituito a Berlino. Il secondo punto verte sulla "illegale pubblicazione" delle foto di Hannibal Gheddafi il 4 settembre del 2009. La Svizzera é tenuta a presentare le sue scuse e il Cantone di Ginevra, vi si legge, deplora l'accaduto. Inoltre il Governo svizzero si impegna a portare avanti le indagini per "consegnare alla giustizia svizzera il colpevole". Se nessuno sarà incolpato, "un compenso economico deciso dalle due parti sarà versato dalla svizzera alla Libia.
Nel terzo punto il governo libico si impegna
"ad accelerare le procedure di uscita dal paese dello svizzero. Nel quarto punto si parla di "garantire l'implementazione di questo piano d'azione, insieme. Il documento rimanda a una prossima riunione, entro 15 giorni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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