Guerra Libia

Libia, Occidente diviso tra esilio e armi ai ribelli Ma il popolo Usa è contrario all'intervento

Gli alleati discutono del post Gheddafi. Emersa l'opzione dell'esilio del raìs. Obama: "Presto per negoziare" Francia e Usa vogliono aiutare militarmente i ribelli. Rasmussen: "La risoluzione 1973 chiede l'embargo delle armi". Ras Lanouf contesa tra lealisti e ribelli

Libia, Occidente diviso tra esilio e armi ai ribelli 
Ma il popolo Usa è contrario all'intervento

Londra - Esiliare Gheddafi o armare i ribelli. Sono queste le opzioni su cui le forze internazionali si stanno confrontando per risolvere il conflitto in Libia. L'opzione dell'esilio, "ma senza salvacondotto" è emersa ieri durante la Conferenza di Londra, anche se era stata già proposta nei giorni scorsi dal ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. All'Italia si sono uniti Spagna e Qatar, mentre Gran Bretagna, Francia e ribelli libici sembrano scettici. Prematuro parlarne per Barack Obama, sicuro che Muammar Gheddafi "ha ormai i giorni contati", il cappio si sta stringendo e lascerà il potere", ma è "troppo presto per negoziare" l’esilio con il leader libico.

E gli americani non vogliono la guerra Il 47% degli statunitensi intervistati dall’Università di Quinnipiac si dice contrario all’intervento militare in Libia, che riscuote un 41% di pareri favorevoli. Consensi maggiori per i raid aerei (53%) mentre il 48% si dice d’accordo con il presidente Barack Obama sul fatto che Muammar Gheddafi non debba essere deposto con la forza. Il sondaggio, condotto tra il 22 e il 28 marzo, è stato realizzato su un campione di 2.069 persone. 

Il ruolo dell'Unione africana Per lavorare sull’ipotesi di un esilio per Gheddafi serve "la collaborazione dell’Unione Africana che purtroppo, e questa è stata una mancanza molto importante, non era presente alla conferenza di Londra". Lo ha detto il portavoce della Farnesina Maurizio Massari, intervenendo a Radioanch’io.  Proprio a Londra, ha sottolineato, sull’ipotesi esilio c’è stato "un comune consenso" e quella che Gheddafi possa lasciare il paese è apparsa come "l’opzione più auspicabile per porre fine alle violenze contro i civili". Esilio però, ha precisato «non significa impunità, non è un salvacondotto internazionale ma significa solo far si che Gheddafi possa lasciare la Libia per far sì che possa riprendere, attraverso il cessate il fuoco, il processo politico". 

Armi ai ribelli A Londra è stato costituito inoltre un Gruppo di Contatto sulla Libia di una ventina di paesi che si riunirà al più presto in Qatar, ma si è cominciato anche a parlare di armare i ribelli, come aveva proposto l’ambasciatore americano all’Onu Susan Rice trovando il sostegno nel ministro degli esteri francese Alain Juppé. "La risoluzione Onu - ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton - permetterebbe di farlo". Scettico il sottosegretario agli esteri britannico Alistair Burt, secondo il quale l'operazione potrebbe essere "illegale". Un'ipotesi rifiutata anche dalla Nato, che domani prenderà operativamente il comando delle opeazioni. Il segretario generale Anders Fogh Rasmussen parla chiaro e ribadisce che la risoluzione Onu "chiede l’imposizione di un embargo sulle armi, e noi dunque siamo là per proteggere le popolazioni e non per armarle", ha affermato. Juppè ha riconosciuto che la risoluzione 1973 non lo prevede. "Detto ciò, siamo disposti a discuterne con i nostri alleati", ha aggiunto. In serata, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha sottolineato che quella di fornire armamenti ai ribelli resta un'ipotesi. "Le sanzioni internazionali e la pressione militare, ha detto, hanno fortemente indebolito il colonnello Ghaddafi, che oggi non ha più il controllo di grand parte del Paese. Gli Usa stanno esaminando tutte le possibilità in campo per fornire supporto al popolo libico in modo da avere una transizione verso un Paese più stabile e pacifico".

La posizione dell'Italia Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, continua a credere nell'importanza di una politica comune e condivisa. "È necessario lavorare con l’Unione Africana, con la comunità internazionale per far capire a Muhammar Gheddafi che è necessario "che lasci, che se ne vada". È quanto ha dichiarato il ministroa Sky Tg24 sottolineando come l’uscita di scena del colonnello potrà permettere "che si apra una stagione politica" nuova, "che il comitato di Bengasi è pronto a guidare", essendo riuscito a ottenere "la legittimazione che lo rende idoneo".

Il giallo di Ras Lanouf Continuano intanto gli scontri in Libia. Solo due giorni fa i ribelli annunciavano festanti di aver ripreso il principale terminal petrolifero del Paese, Ras Lanouf, e di essere pronti a esportare petrolio. Oggi le brigate di Gheddafi sono riusciti a scalzarli e li hanno costretti a ripiegare verso est. I ribelli hanno prima confermato di aver perso la città. Poi, dopo che il porto è stato bombardato dagli aerei francesi - notizia diffusa dagli insorti, ma non confermato - la Bbc annuncia che il terminal è tornato in mano alle truppe dei ribelli.

Aisha Gheddafi con i soldati La bella e bionda figlia del Colonnello, è scesa in campo in prima linea, insieme ai militari di Tripoli, per esprimere il suo sostegno alla lotta contro i ribelli. Gheddafi spera così che la sua unica figlia femmina, soprannominata la "Claudia Schiffer del deserto" per la sua avvenenza, possa risollevare il morale delle truppe in un momento in cui i raid della Coalizione internazionale si fanno sempre più pesanti. E così Aisha, avvocato di 35 anni già nel consiglio difensivo dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein, è stata fotografata a bordo di un carro armato mentre sventola una bandiera libica.

La donna ha detto ai soldati che suo padre "è un grande uomo e un leader".

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