I violenti scontri tra milizie rivali in corso nella zona di Tripoli fanno aumentare vertiginosamente i rischi per l’Italia; la situazione è chiaramente fuori controllo e tutto a beneficio di trafficanti e jihadisti.
Come già messo in evidenza, centinaia di detenuti sono evasi dalle carceri libiche, non soltanto criminali ma anche molti jihadisti. L’ultima evasione è stata segnalata oggi, 500 persone fuggite da un centro di detenzione nei pressi dell’aeroporto di Tripoli.
Il problema dei jihadisti detenuti nelle carceri tripoline sono soltanto la punta dell’iceberg. Numerose segnalazioni indicano infatti da tempo che una parte dello zoccolo duro dell’Isis si sarebbe spostato dai territori siriano-iracheni al nord Africa, in particolare nelle aree desertiche della Libia e in un’area a cavallo tra Tunisia e Algeria. In poche parole l’Isis avrebbe da tempo intenzione di insediare in quella zona la propria presenza traendo vantaggio dello scarso controllo.
Il rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu datato 27 luglio 2018 fornisce un quadro allarmante per quanto riguarda la presenza dei jihadisti nell’area nordafricana.
L’Isis sta infatti sfruttando la caotica situazione libica per insediarsi nell’area e organizzare le proprie reti. Nonostante la sconfitta di Sirte, cellule dell’Isis continuano ad essere presenti sia nella zona costiera che al sud del Paese, con un numero di uomini che viene stimato tra le 3mila e le 4mila unità. A capo della rete ci sarebbe Abu Moaz al-Tikriti, cittadino iracheno dato per morto in più occasioni.
Altre zone dove viene indicata la presenza dell’Isis sono Ghat, Al-Uwainat, Ajdabiyah, Darnah, nonché il triangolo tra Bani Walid, Jufrah e la parte sud di Sirte. Altre unità legate al “Califfato” vengono inoltre segnalate nei dintorni di Tripoli, Misurata e Sabrata.
Il rapporto Onu cita poi la zona orientale della Tunisia dove viene segnalata la presenza di gruppi jihadisti legati a Isis e Al Qaeda, oltre che il pericolo di jihadisti africani di rientro da Siria e Iraq pronti a destabilizzare i propri Paesi d’origine. Vengono citati in particolare due gruppi: Jund al-Khilafa e Al-Mourabitun, presenti tra Algeria e Tunisia.
Nel Sahel viene citata la presenza della rete del trafficante Yahya Abu al-Hamam che fornirebbe supporto finanziario e bellico ad al-Qaeda in Libia.
Nel medesimo rapporto viene inoltre indicata la presenza di gruppi jihadisti come Isgs (Stato islamico nel Grande Sahara) e Jamaat al-Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), attivi rispettivamente al confine tra Mali e Niger e nel Sahel.
Nel documento dell’Onu si legge chiaramente che questi due gruppi condividono il comune obiettivo di destabilizzare il Sahel e qualsiasi tipo di normalizzazione della vita in modo da mantenere la libertà di movimento nel nord e l’accesso alle rotte dei trafficanti di uomini.
Un gigantesco serbatoio di jihadisti che potrebbe sfruttare il caos libico per riversarsi verso le coste con l’intento di infiltrarsi in Europa, in particolare visto che rischiano di saltare gli accordi pattuiti nel tempo tra Italia e Tripoli per il contenimento delle partenze dei barconi. In aggiunta la Guardia Costiera libica riscontrerà ora serie difficoltà per quanto riguarda i rifornimenti di carburante, rifornimenti che erano già problematici prima dell’offensiva anti-Serraj.
L’Italia rischia dunque di trovarsi di
fronte all’ennesimo arrivo di massa di immigrati, tra cui eventuali centinaia di evasi, criminali o jihadisti che siano. A questo punto andrebbe seriamente presa in considerazione l’eventualità di un immediato blocco navale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.