Scherza con il fuoco da parecchio tempo, ma stavolta rischia di scottarsi. Il fuoco è quello che arde sotto i tappeti della Jamahiriya, lo Stato delle masse fondato dallormai anzianotto Muhammar Gheddafi e destinato in eredità ad uno dei suoi figlioli. Sì, ma quale? Fino alla scorsa settimana molti scommettevano su Saif Al Islam, il 38 enne architetto e playboy considerato lanima riformista della Libia.
Animatore di unorganizzazione umanitaria e protagonista di numerose mediazioni internazionali, non ultime quelle con lItalia, Saif sembrava aver agguantato la successione ottenendo dallInghilterra la scarcerazione dellautore della strage di Lokherbie. Oggi, invece, il suo futuro appare assai più incerto. Da qualche giorno la corte del rais è lacerata da una sorda guerra per il potere. Una guerra in cui le uniche vittime apparenti sono i giornalisti e gli amministratori di Al Ghad, la società editoriale che controlla unagenzia di stampa e varie testate. Ma in Libia parlare di Al Ghad significa evocare Saif Al Islam. Le tesi vagamente liberali sostenute da Lybia Press, dal giornale Oea o dal quotidiano Quryna non sono altro che lespressione del suo pensiero.
Così, quando venerdì i servizi di sicurezza sbattono in galera il vice amministratore di Al Ghad, Fawzi Ben-Tamer, sei redattori di Lybia Press e una dozzina di giornalisti tunisini ed egiziani legati al gruppo editoriale, molti annusano linizio di una spietata lotta per il potere. Quando ieri mattina Ben Tamer e i giornalisti vengono liberati, un dispaccio della Lybian Press annuncia che «il leader della Rivoluzione (ovvero papà Gheddafi Ndr) ha ordinato il rilascio dei giornalisti e fatto aprire uninchiesta». Con quellannuncio Saif Al Islam e Fawzi Ben Tamer fanno capire di godere ancora del pieno appoggio di papà Muhammar.
Non tutti, però ci credono. «Lo scontro tra Saif ed i suoi oppositori ha raggiunto un nuovo livello e il padre si gode lo spettacolo», spiega da Londra Ashour Shamis, direttore del sito Akhbar Lybia. Intervenendo soltanto a posteriori, Gheddafi avrebbe fatto capire allintemperante figlioccio di non tirar troppo la corda. Le dimissioni di Suleiman Dogha, amministratore delegato di Al-Ghad (il Domani) sarebbero un altro segnale della debolezza del gruppo riformista. Dietro gli arresti vi sarebbe la vecchia guardia del regime, ovvero lentourage di fedelissimi del rais che considera fumo negli occhi le ubbie riformiste di Saif.
Il primo atto dello scontro è arrivato mercoledì scorso con la chiusura del quotidiano Oea. La sanzione segue di poche ore la pubblicazione di un pezzo che accusa il primo ministro Al-Baghdadi Ali al-Mahmoudi di non far nulla per bloccare la corruzione. Il tema non è nuovo. Il primo a sparar a zero sul premier affermando che «In Libia non esiste più uno stato» è stato a settembre lo stesso Saif Islam.
La goccia che fa traboccare il vaso è però unindiscrezione pubblicata giovedì da Libya Press. Secondo lagenzia un alto dirigente del Movimento dei Comitati Rivoluzionari libici impedirebbe agli esponenti liberali vicini a Saif di occupare posti di rilievo nel sistema statale e di aprire alle riforme economiche. Loperazione appoggiata dai settori più conservatori punterebbe a far piazza pulita del progetto riformista di Saif Al Islam battezzato Libya Al-Ghad, ovvero Libia del futuro.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.