In libreria Saga nordica con il morto

Lui è uno di quegli scrittori che hanno inventato uno stile, polverizzato le regole di genere, lasciato i critici di sasso mentre i lettori, che hanno meno tempo da perdere, si divertivano a crepapelle. Sì, Douglas Adams (Cambridge, 1952 – Santa Barbara 2001) sin dai suoi esordi letterari -le prime cose che ha scritto erano sceneggiature per i Monty Pyhton e per la premiatissima serie televisiva del Doctor Who- è stato un fuoriclasse che si divertiva a infrangere gli schemi. Solo dopo però è arrivato il successo letterario e radiofonico, ovvero la Guida galattica per autostoppisti. Tutto partì con una serie trasmessa nel 1978 sempre dalla BBC. Gli inglesi si incollarono all’altoparlante.
Così le puntate, con al centro le scombiccherate avventure di Arthur Dent, vennero riviste, rielaborate e allargate sino a diventare dei romanzi: era nato un nuovo filone della fantascienza, quello umoristico. Un filone con un gigantesco successo di pubblico. Dopo le tirature stellari, in tutti i sensi, del primo volume, Adams decise di impostarne altri due, per poi passare (complici gli editori) a un progetto più ampio: quella che lui stesso definì «una trilogia in cinque parti».
Ma se la fama di Adams è legata in maniera definitiva alla Guida, e al suo stile follemente surreale, la sua penna poliedrica e prolifica ha altre frecce al suo arco. E non tutte edite in Italia. Ecco così che, in occasione del decennale della morte dell’autore, arriva La lunga pausa caffè dell’anima, in libreria da oggi per i tipi di Mondadori. Si tratta del secondo libro della saga del detective «olistico» Dirk Gently (il terzo non è stato mai ultimato). E poco importa che uno abbia letto o meno il primo libro relativo alle strambe avventure di Gently - un investigatore che volutamente si occupa di tutto tranne del suo caso perché così si arriva alla soluzione - La lunga pausa caffè è un caleidoscopio che spazia dal fantasy al noir, dalla risata alla tristezza, che basta (e avanza) a se stesso. In una Londra incredibile incontrerete in sequenza: un dio Thor molto arrabbiato e stufo di essere snobbato dai mortali, un grosso demone verde con la falce, un vecchio Odino diventato molto rimba, dei discografici che fanno soldi giocando sporco con il potere degli dei nordici, avvocati arruffoni che hanno scatenato una sciarada negromantica da cui non sanno uscire...
E Adams regge il filo di questa incredibile gazzarra con gigionesca allegria, mettendo in piedi un gioco folle che diverte e convince (alla fine davvero l’indagine partita quando un produttore musicale finisce con la testa tagliata in una stanza ermeticamente sprangata si chiude in maniera lodevolmente logica).

A questo va aggiunto che il libro è stato scritto nel 1988 e che quando una serie di autori come Marie Phillips (Per l’amore di un Dio) molto più tardi hanno iniziato a creare una nuova epica moderna spostando le avventure degli dei nel presente molti critici hanno parlato di idea geniale. Ma si sa Adams, uno che non si pigliava mai sul serio, era abituato a essere avanti.

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