Vagamondo, neologismo coniato da Paul Morand, sta a indicare il piacere del viaggiare e il gusto del raccontare, gli intrecci e i cortocircuiti che si innescano tra storia e memoria tra tempo e luoghi. E Vagamondo si intitola lultima fatica letteraria di Stenio Solinas che verrà presentata lunedì alle 17,30 nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini alla presenza dellassessore comunale alla Cultura Umberto Croppi. Lo pubblica la casa editrice Edizioni Settecolori che mette in copertina un sottotitolo altrettanto significativo: «Viaggi e paesaggi, luoghi e incontri, miti e snobismi». Si tratta di un diario intellettuale affatto personale nel quale lautore, firma di punta del nostro Giornale, offre al lettore unidea di eccentricità e/o di diversità rispetto a quanto ci circonda.
Che si tratti dellultima colonia del ventesimo secolo, Gibilterra, del medioevo meccanizzato che ha in Afghanistan il suo luogo deputato, della spiaggia di Alang, nel Gujarat, dove lIndia demolisce e ricostruisce se stessa, ciò che spinge Solinas a girare il mondo è proprio la ricerca di un elemento di unicità. Solinas ha ovviamente precedenti illustri (a iniziare da Bruce Chatwin, risalendo indietro fino a esempi altrettanto illustri come Goethe e Marco Polo). Ma quello che per i suoi colleghi era un lavoro tutto sommato facile (trovare lunicità e lesotico in Paesi distanti dalla civiltà che li ha forgiati), diventa nel mondo globalizzato di oggi una sfida intellettuale davvero titanica.
Solinas, però, non si accontenta di descrivere e decodificare lunicità del paesaggio in cui si viene a trovare. Costruisce, pagina dopo pagina, un diario di bordo nel quale la dimensione più intima e più privata del rapporto fra il paesaggio e chi in qualche modo ha finito con lincarnarlo permette la costruzione di una particolare geografia sentimentale dove i punti cardinali sono rappresentati adesso dal Kenia di Karen Blixen, dalla pampa del gaucho Güiraldes, dallIrlanda dolce e disperata di James Joyce e di Bobby Sand, e dalla Fiume dannunziana.
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