Un libro fantasma svela le trame intuite da Pasolini

Pochi lo conoscono e ancor meno lo hanno letto: è il libro-inchiesta "L'uragano Cefis". Ecco cosa c'è scritto

Un libro fantasma svela le trame intuite da Pasolini

Dietro le trame politico-finanziarie che avvolgono gli anni '70, dietro l'affaire Mattei, dietro il romanzo-inchiesta Petrolio che Pier Paolo Pasolini iniziò a scrivere nel 1972 e ancora stava scrivendo quando fu ucciso nel novembre del '75 sul litorale di Ostia, così come dietro molte ricostruzioni giornalistiche e inchieste giudiziarie di quell'epoca vischiosa e ancora oggi a tratti oscura, c'è un libro misterioso. Inseguito da giornali e da pistaroli, citato da magistrati, ricordato dai critici e dai biografi di Pasolini, cercato da collezionisti e bibliofili. S'intitola L'uragano Cefis, fu scritto da un fantomatico Fabrizio De Masi (uno pseudonimo), con un'introduzione di un altro alias, tale Pier Crescenti, e fu pubblicato da una sigla editoriale sconosciuta, Egr, senza data, ma molto probabilmente agli inizi del '75. Si tratta di una biografia per nulla ufficiale di Eugenio Cefis, il protagonista della finanza italiana negli anni '60-70, Signore e padrone del petrolio, del gas e della chimica, una vita di potere e intrighi, a lungo al timone dell'Eni, poi alla testa di Montedison, uscito di scena nel '77, ritiratosi a vita privata in Svizzera e morto nel 2004 - non si conosce neppure il giorno esatto - senza che di lui si ricordi, né prima né durante né dopo la grande stagione del potere, una sola intervista o un'apparizione pubblica di rilievo.

Bene. Quel libro, uno spietato capo d'accusa contro il grande burattinaio d'Italia, era una «storia dal vero» che svelava vita e misfatti di un «industriale privato allergico a scrupoli e remore: il maneggione irruente e villano, il padre naturale d'immobiliari e holding finanziarie pro domo sua, il meschino accomandante di società da casella postale nel Liechtenstein e nel Canton Ticino; l'evasore fiscale e lo spallone di valuta; il rivenditore al minuto e all'ingrosso del metano della fabbrica, il dinamico ma distratto manipolatore d'interesse privato in atti d'ufficio», come scrive l'ignoto autore della prefazione.

In quel momento - metà anni '70 - un libro del genere poteva essere una bomba. Ma fu bloccato prima dell'uscita in libreria. Da chi e perché, è facile intuirlo. Probabilmente fu scritto solo per ricattare Cefis e, una volta ottenuto lo scopo, fatto sparire. Non si sa in quante copie fu stampato. L'uragano Cefis non è presente in alcuna biblioteca pubblica italiana. Pochissime le persone che lo hanno letto. Tra cui Riccardo Antoniani, italianista e studioso di Pasolini; il magistrato Vincenzo Calia, che come pm ha condotto la terza inchiesta sulla morte di Enrico Mattei; il giornalista Paolo Morando, autore del nuovo saggio Eugenio Cefis: Una storia italiana di potere e misteri (Laterza); il film maker Salvatore Diodato, che sta lavorando a un docufilm sulle morti intrecciate di Mattei, De Mauro e Pasolini; e l'editore Giovanni Giovannetti, il quale da una vita studia la materia e con la sua casa editrice di Pavia, Effigie, ha deciso di pubblicare finalmente, entro l'anno, questo libro fantasma. L'aspetto curioso della vicenda, uno dei tanti, è che tutti loro lo hanno letto su fotocopie (o fotografie) dell'unica copia superstite di cui si è a conoscenza. E cioè l'esemplare posseduto da Marcello Dell'Utri, uomo forse non a caso sia politico sia bibliofilo, conservata nella sua Biblioteca di Via Senato, a Milano. Ci siamo andati e abbiamo chiesto il libro.

Eccolo finalmente, l'enigmatico e rarissimo L'uragano Cefis. Ottime condizioni, di fatto intonso. La cosa che più colpisce è che la sigla dell'editore (Egr) compare solo sulla costa: sia al piede della copertina sia all'interno è sbianchettata. E poi l'ultima pagina, il colophon: tagliata con cura, con un taglierino. Impossibile sapere da chi e quando è stato stampato.

Finora L'uragano Cefis - che Dell'Utri possiede da una ventina d'anni, «ma a essere sinceri non mi ricordo da chi l'acquistai, mi sembra che me lo propose un giornalista d'Imperia...» - è uscito dal Palazzo di Via Senato una sola volta, nel marzo 2010, quando lo stesso Dell'Utri organizzò all'interno della «Mostra del libro antico» di quell'anno, alla Permanente di Milano, una piccola esposizione di fotografie e libri di Pasolini. L'uragano Cefis era esposto in una bacheca (sopra un'errata didascalia che ne attribuiva la curatela a Giovanni Raboni, Laura Betti e Francesca Sanvitale) ed era accanto a un altro volume misterioso, sebbene non così raro: Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente di Giorgio Steimetz (pseudonimo di Corrado Ragozzino, collaboratore di Graziano Verzotto, senatore democristiano e uomo di Mattei nonché tra le fonti di Mauro De Mauro) edito nel 1972 dalla Ami, cioè l'Agenzia Milano Informazioni finanziata dallo stesso Verzotto. Un pamphlet che svela il ruolo oscuro di Eugenio Cefis nella politica italiana e gli ambigui rapporti tra Stato e potenze occulte.

Da notare che mentre L'uragano Cefis probabilmente non arrivò mai nelle mani di Pasolini, Questo è Cefis (ripubblicato proprio dalla Effigie di Giovanni Giovannetti nel 2010) fu a lungo sul tavolo da lavoro dello scrittore, il quale ne aveva avuto una copia dall'amico psicoanalista Elvio Fachinelli, direttore della rivista L'erba voglio che all'epoca promosse una violenta campagna contro Cefis...

Comunque.

Prima domanda, fra le tante. Dietro i due libri c'è la stessa mano? Probabilmente no (però curiosamente la grafica delle due copertine è simile). Rispetto a Questo è Cefis, più ironico e «narrativo», L'uragano Cefis è puntuale e ricco di informazioni: dati, cifre, nomi. Chi lo ha scritto ha spulciato con l'abilità di un commercialista tra documenti della Camera di commercio, bilanci, statuti, registri societari... Un lavoro - da questo punto di vista - eccellente. Che poi sia stato usato come arma di ricatto per estorcere soldi o altro a Cefis, è un dettaglio.

Seconda domanda. Chi ha venduto i due libri a Dell'Utri è la stessa persona che, proprio nel 2010, gli mostrò il famoso capitolo fantasma di Petrolio «Lampi su Eni» (l'«Appunto 21») su cui eredi e parenti di Pasolini, critici, curatori e studiosi si accapigliano da anni? Sembra di no. Però la visita alla Biblioteca di via Senato ci ha permesso di chiedere a Marcello Dell'Utri - per tutti «il Dottore» - come andarono le cose. Ecco la risposta: «Una mattina, era il 2010, stavo per inaugurare un evento alla Biblioteca di via Senato. Io ero nel cortile del palazzo. Dentro c'erano i giornalisti e gli invitati, quando una persona mi saluta e mi dice che ha una cosa per me. Le carte originali di un capitolo mancante di Petrolio, Lampi su Eni. Mi mostra un fascicolo, lo sfoglia e io, più che vedere, intravedo dei fogli e la carta carbone... Gli dico che in quel momento non posso fermarmi con lui, di richiamarmi il giorno dopo, che sono curioso e la cosa mi interessa. Poi commetto l'ingenuità, subito dopo, di parlare di quei fogli in conferenza stampa, e di dire che li avrei esposti alla Mostra del Libro antico che ci sarebbe stata di lì a poco... A quel punto esplode il caso sui giornali e quella persona, spaventata, scompare... Oggi non saprei neppure dire se le carte erano vere o false».

Terza domanda. Ma cosa c'è «dentro», L'uragano Cefis? Risposta: «La storia mediocre di un uomo mediocre», come strilla la quarta di copertina: «Un personaggio, il tutto, un bric-à-brac d'avventura e coraggio, d'iniziativa e profitto, di ambiguità e malafede. Un'indagine spietata del Sistema-Cefis. Un detector per chi crede ancora alla giustizia. Un signore o un ciarlatano? L'uno o l'altro? Questo libro non lascia adito a interrogativi inevasi. Per un giudizio quasi definitivo, in un processo a porte quasi spalancate, il dossier è completo».

Il libro - che pure deve essere preso con le pinze, perché scritto a scopo ricattatorio - svela la storia, senza censure, del «Maxicefis», il «Montedisonman», il «Gran Maestro della Loggia petrolchimica». Si ricostruisce biografia, patrimonio, legami politici e finanziari di Cefis, «l'uomo più potente d'Italia, il tamburino (friulano) di Foro Bonaparte, il nocchiero finanziario della livida palude italica» raccontando - fra cifre, allusioni e piccoli squallori (un'amante) - la postazione dominante da cui Cefis «può razziare giornali, infestare partiti, condizionare opinioni, golpeggiare governi, insabbiare inchieste, addomesticare storici compromessi, ipotecare finanza e industria». Si dà conto dell'immensa fortuna che gli porta in dote la moglie, Marcella Righi, e delle successive speculazioni edilizie a Milano. Si narra l'incredibile scalata alla Montedison. E si fa la conta (nel capitolo «Il dumping della stampa e dell'editoria») dei soldi passati ai giornali attraverso prestiti o pubblicità per tenerseli buoni.

Quello che colpisce l'anonimo autore del libro, e incuriosisce il lettore, è come Cefis abbia potuto fare tutto ciò, a tali livelli, tanto a lungo, e sempre restando impunito. Forse è vero: perché siamo in Italia.

Mentre negli Usa e in Urss, pur su opposti versanti rispetto all'idea di democrazia, si conducono indagini, legali o meno, su chiunque sia designato ad alte cariche, «In Italia - si legge in L'uragano Cefis - si schedano le peripatetiche (forse) e gli scolari sottoposti all'immunizzazione con vaccini. Per questo oggi abbiamo il fenomeno da baraccone Cefis, goffo e allampanato manager, insospettabile e insospettato: perché nessuno a tempo debito ha osato avvicinarlo da presso».

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