Pier Augusto Stagi
Pantani, in quel drammatico 14 febbraio 2004, è stato ucciso: quante volte è stato scritto, gridato, detto dagli aficionados più integralisti del corridore più amato e quanti lo credono ancora, ad incominciare da mamma Tonina. Pantani è stato ucciso, questo è anche quanto teorizza Philippe Brunel, 49 anni, giornalista dell«Équipe» da oltre venticinque anni, che sull'argomento sta lavorando da tempo e il prossimo anno darà alle stampe «L'affare Pantani, autopsia di un campione» (questo almeno dovrebbe essere il titolo del libro, che sarà edito dalla Grasset di Parigi). Sabato Brunel ha anticipato sulle pagine del «magazine» dell«Équipe» alcune sue considerazioni. Una su tutte: l'inchiesta non è stata approfondita; ci sono dieci ore di nebbia assoluta: dall'ultima telefonata di Pantani (ore 10.30) al portiere dell'albergo Le Rose di Rimini, fino alle 20.30, ora in cui il portiere Pietro Buccellato rinviene il corpo privo di vita del corridore romagnolo.
«La stanza viene trovata in condizioni incredibili - ci ha spiegato Philippe Brunel, raggiunto telefonicamente a Parigi -. Il problema è stato subito sollevato da mamma Tonina, ma nessuno le ha dato retta. Io sì, mi sono recato dal giudice Paolo Gengarelli, ho incontrato il medico legale Giovanni Fortuni, ho parlato con il medico legale del 118, Francesco Toni, quello che ha dichiarato morto Pantani e che è stato il primo ad arrivare al residence le Rose... ».
A proposito, anche qui cè qualcosa di strano. «Esattamente. Il portiere chiama il 118 alle 20.30, e il medico legale arriva alle 21.33. Un'ora per arrivare in una Rimini raggelata e deserta mi sembra davvero un'esagerazione».
Torniamo alla stanza e ai sospetti di mamma Tonina. «Come dicevamo, Marco viene rinvenuto in una stanza praticamente distrutta. Ho visto e rivisto più volte le fotografie della scientifica: non c'è un angolo non devastato. Un uomo che arriva a distruggere una stanza di un albergo in quel modo deve essere sì disperato, in preda a un raptus, ma soprattutto dovrebbe, penso, riportare segni sul corpo o almeno sulle mani. Il corpo di Pantani non presenta un solo graffio, le unghie nemmeno sbeccate. La cosa ha lasciato inorridita la mamma ma non i tecnici della polizia scientifica e il giudice che ha condotto, a mio personalissimo parere, un'indagine troppo superficiale e frettolosa».
E poi? «Poi c'è il portiere che alle 20.30 va ad aprire la porta perché da troppo tempo non sente l'ospite e scopre, come logico che sia, che la porta è chiusa dallinterno, la apre agevolmente con lapposita card. Ma la cosa che non convince, almeno me, è che la porta è anche ostruita da mobili, accatastati contro la porta. Come fa da solo a spostare tutto, come fa ad aprirla? E se non è vero che c'erano tutti quei mobili, perché dice di averli trovati? E sarà vero che la porta era chiusa e Marco era barricato? Lo ripeto: perché deve passare un'ora dalla chiamata del portiere all'arrivo del medico legale?».
E c'è ancora qualcosa? «Certo, ma non posso anticipare tutto, perché nel mio libro passo tutto punto per punto; io almeno ho provato a fare uno straccio di inchiesta. Secondo me chi era tenuto a farlo se n'è guardato bene. Vi aggiungo un altro piccolo elemento: nella stanza viene rinvenuto anche un vassoio con del cibo cinese. Mai ordinato da Pantani, sul tabulato delle telefonate del residence non risulta una chiamata del genere, nemmeno sul tabulato del cellulare di Marco. Il cibo è praticamente finito, ma anche dall'autopsia Marco non risulta abbia mangiato cinese. E la cosa curiosa è che l'ultimo pusher - Ciro Veneruso - è entrato in quella stanza il 9 febbraio. Nessun altro vi è entrato o vi ha incontrato Marco. Al residence dicono di aver sempre fatto le pulizie, tutti i giorni. Chi ha portato quel cibo cinese nella stanza?».
Ma lei si è fatto un'idea, sa dirci qualcosa di più? «Io so solo che ci sono molti lati oscuri in tutta questa orribile vicenda, e l'inchiesta da voi condotta in Italia non ha assolutamente chiarito.
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