Si sente tanto parlare non solo in Italia di ritorno alla leva, obbligatoria o meno, ma perché non dare vita allora ad un servizio militare europeo? La domanda potrebbe sembrare provocatoria, ma è sicuramente legittima vista la velocità con cui si susseguono i cambiamenti nella Storia. Parlo solo degli ultimi giorni: gli americani hanno chiesto alla Ue attraverso documenti apparentemente segreti di assumersi la responsabilità della difesa del vecchio Continente entro il 2027; da oltreoceano paventano che la civiltà europea potrebbe esaurirsi; e ancora, Donald Trump sull'Ucraina sembra più parlare il linguaggio di Vladimir Putin che non quello di Macron, Merz, Starmer o Meloni. Se il mondo sta cambiando così velocemente e in un modo assolutamente impensabile fino ad un anno fa, è opportuno sbrigarsi e mettere da parte le polemiche per non far la fine dei capponi di Renzo. Bisogna stare al passo degli eventi e l'idea di una leva europea, che potrà sembrare originale ma non malvagia, è sicuramente tempestiva visti i tempi. Ovviamente quelli della Storia non le calende greche europee.
Sarebbe un sorta di Erasmus in divisa. Un embrione di esercito europeo che partendo dal basso potrebbe cominciare a porsi e a risolvere una serie di problemi: sarebbe un primo passo per integrare le forze armate dei diversi Paesi sia nell'adozione di un'unica lingua, sia nella scelta degli strumenti militari, sia nell'uso della strategie. Se fai una leva europea poi non puoi non fare una sorta di accademia militare europea.
Naturalmente i sovranisti di ogni credo diranno che non se ne parla con la prosopopea e la miopia di chi non comprende che nel nuovo ordine mondiale qualsiasi Paese continentale da solo - dall'Italia alla Francia, dalla Spagna alla Germania - per dimensione, popolazione e potenza militare non va da nessuna parte, al massimo potrebbe aspirare ad uno strapuntino, mentre l'Europa unita avrebbe un posto garantito al tavolo della presidenza. Soprattutto, non diventerebbe terra di conquista delle altre potenze.
Del resto tutti hanno capito, a cominciare dalla nostra premier, che l'Europa da qui a breve dovrà difendersi in piena autonomia. E qui si arriva al secondo punto, forse il più importante che riguarda il processo di integrazione: un esercito per essere efficace deve avere un'ideale, una ragione, e un esercito europeo deve essere consapevole di avere due patrie, quella di provenienza e l'Europa, e per entrambe deve valere la pena di combattere. La leva è stato uno degli strumenti più importanti per rendere unita l'Italia: il siciliano che faceva il militare a Cuneo o il sardo che prestava servizio a Belluno sono serviti a costruire davvero l'unità delPaese per la quale non bastava certo la breccia di Porta Pia. L'italiano che andasse sotto le armi a Vilnius o il tedesco che trascorresse il servizio di leva a Palermo scoprirebbero che oltre alla loro nazione hanno pure l'Europa come patria. Qualcuno dirà che non son cose che si fanno da un momento all'altro, certamente ma si può anche cominciare a sperimentare.
In fondo già adesso i nostri soldati professionisti sono dislocati in aree al di fuori dal suolo italiano. Dare questa opportunità a soldati di leva assumerebbe ben altro significato. Soprattutto sarebbe un segnale chiaro a chi considera l'Europa un'accozzaglia di Paesi divisi e morenti in attesa di un padrone.