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Venerdì 17, le origini della superstizione

Il venerdì 17 è considerato il giorno della sfiga per eccellenza. Questa superstizione ha origini greche. Questo numero si è sempre identificato con qualcosa di sinistro e fonte di sventure

Venerdì 17, le origini della superstizione

Il venerdì diciassette è da tempo considerato un giorno fonte di sventura. In questo periodo delicato che stiamo vivendo, a causa dell’emergenza Coronavirus, questa superstizione si amplifica ancora di più.

C’è chi da tempo si lascia condizionare da essa a tal punto di evitare di non uscire di casa nemmeno per esigenze essenziali come fare la spesa. La superstizione del venerdì 17 ha origini greche. In greco, Eptacaidecafobia significa paura del numero 17. Lo si identificava con qualcosa di sinistro e dall’effetto nefasto. Secondo la tradizione greca questo numero era da evitare in quanto compreso tra il 16 e il 18, considerati al contrario i numeri perfetti.

Nell’Antico Testamento il diluvio universale iniziò proprio il 17. Nell’impero romano, invece, la sfortuna del numero in questione è legata alla battaglia di Teutoburgo combattuta nel 9 d.C. In essa i romani si scontrarono contro i germani di Erminio. Nello scontro con quest’ultimi le legioni, 17,18 e 19 furono sconfitte. Da quel momento, nella tradizione romana quei numeri furono considerati sinonimo di sventura. Nella tradizione cristiana il 17 si identifica col venerdì santo. Rappresenta inevitabilmente la morte di Gesù Cristos. Adamo ed Eva sarebbero stati cacciati dal paradiso terrestre proprio di venerdì. E nello stesso giorno della settimana Caino avrebbe ucciso Abele.

Nel mondo anglosassone le impiccagioni venivano eseguite proprio in questo giorno della settimana. Però dobbiamo precisare che in realtà nel mondo anglosassone non è questo il giorno sfortunato, ma il venerdì 13. Nella mitologia scandinava, il numero 13 incarna il potente Dio Loki. Prima di lui i suoi predecessori erano 12 semidei. Quando prese il posto di quest’ultimi, il Dio Loki si rivelò dal carattere crudele e vendicativo nei confronti degli esseri umani. Troviamo tracce di negatività legate al numero 13 anche nella tradizione cristiana. In effetti nell’ultima cena di Cristo, il tredicesimo apostolo è incarnato Giuda, il traditore. Secondo lo storico greco Diodoro Siculo il re di Macedonia Filippo II, padre di Alessandro Magno, fu ucciso da una sua guardia del corpo dopo aver fatto mettere una sua statua accanto a quella delle dodici divinità dell’Olimpo.

Nel mondo spagnolo e latinoamericano invece lo “sfiga day” è considerato invece il martedì 13. La superstizione ha origini cristiane perché il 29 maggio 1453 (era un martedì), cadde la città di Costantinopoli. Secondo quanto riportato, il Papa e le Repubbliche di Venezia e Genova inviarono una flotta di aiuti alla città assediata, invano.

La caduta di Costantinopoli ha rappresentato un profondo trauma per le potenze cristiane e da allora il martedì 13 è considerato fonte di sventure.

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