La differenza di orientamento fra Gianfranco Gadolla, Giuseppe Murolo e Aldo Praticò induce ad una riflessione necessaria a livello locale dopo quel che è avvenuto a Mirabello. Occorre a Genova e in Liguria cercare di tenere unito il centrodestra nella prospettiva delle elezioni comunali e provinciali. Altrimenti la coalizione è sconfitta in partenza, se i dissapori dovessero intensificarsi. È vero che la posizione più coerente è quella di Murolo (rispetto agli altri due) ma va detto che alla fin fine Gadolla (uscito dal partito) è solo un ultramoderato con inclinazione alla fronda (moderata anch'essa). Quindi il suo gioco mi sembra onestamente inoffensivo. Praticò, prima o poi, scioglierà la riserva attendista. Staremo dunque a vedere
In questo periodo occorre però darsi da fare per sottrarre, per così dire, Genova e la Liguria alle tensioni di origine nazionale, in attesa che queste medesime si plachino e si riducano a meri dispetti poco incisivi. Nessuno si nasconde nel presente il grande gioco del Presidente della Repubblica. Egli, grande mentore di Gianfranco Fini, ha assunto in prima persona il compito di rivitalizzare la Sinistra (non è dunque più né il sosia di Umberto II, ché quello cercava, come re di Maggio, di salvare la monarchia periclitante bensì «la volpe del Vesuvio» o se meglio vogliamo dire una sorta di barone Frankenstein che cerca di riportare in vita quel cadavere ambulante che è diventato il Pd per non parlare dell'estrema sinistra). Invece di sentenziare evangelicamente «Lasciate che i morti seppelliscano i morti», vuole mantenere a livello di galleggiamento un movimento comatoso e senza reali vie di uscita sotto il profilo politico. Il Presidente della Camera è intervenuto provvidenzialmente ad assecondare il gioco del Quirinale, sparando nelle gomme ad un governo che procedeva piuttosto bene, considerando i risultati sotto il profilo della politica economica. Senza suonare il violino al governo: è indubbio che l'attività di questo stesso ha subito una svolta frenante. Il che non può che giovare all'opposizione di Sinistra. Marco Travaglio, meglio di altri, ha colto questo aspetto. Ora questa strategia può continuare solo se Fini è in grado di ottenere successo crescente. Quello di far perdere la maggioranza al governo, finora è mancato. E guardando al popolo di Mirabello, mi pare che fossero fra le duemila e le tremila persone. È evidente che il colpo di testa è ascrivibile alla «banda dei quattro», anzi dei tre più uno (Fini, Bocchino, Granata e Briguglio) ma non può alla lunga reggere, anche se Fini si ostina a occupare la Presidenza della Camera.
Lo «sciupafemmine» (peraltro più astute del medesimo) non finirà come il bel Galeazzo Ciano che fu fucilato alla schiena dal suocero che egli aveva tradito. Rischia piuttosto di estinguersi in corsa, se il Pdl riprende una iniziativa politica forte, diventando un partito di governo ma anche di lotta. Le energie ci sono. Occorre non cristallizzarle lasciando ad altri l'iniziativa in esclusiva. È chiaro che le elezioni sarebbero un toccasana ma è altresì evidente che «la volpe del Vesuvio» è e rimarrà ostile a questa soluzione.Non resta dunque che il rilancio dell'iniziativa politica in maniera tale da rendere possibile sia nuovi accordi con altre forze affini sia sviluppare una concorrenza vincente con la nuova forza (ammesso che lo sia) che uscendo dal Pdl ha indebolito lo stesso.
A livello locale paradossalmente (ma non tanto) viene rilanciato il ruolo di Enrico Musso, candidato un po tentennante, ma che ha in questo momento una sua curiosa affinità con l'illustre (?) Gianfranco Gadolla (senza dimenticare Giuseppe Murolo e Aldo Praticò). I due, come il Gatto e la Volpe, possono essere strumenti preziosi per una ricucitura che a Genova è necessaria per cercare di riuscire, una volta tanto, in Comune e in Provincia, a vincere.
In Liguria il centrodestra torni a marciare unito
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