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L'inchiesta, quante case hanno Fini e Tulliani? Gaucci aiuta i pm a scovare l’impero "scippato"

In Procura a Perugia la lista dei beni rivendicati dall’ex fidanzato della Tulliani: case, auto, quadri e gioielli. Lui giura: ho i testimoni che tutto apparteneva a me. Tra gli immobili contestati, anche quello dove ora vivono Fini e signora. E che potrebbe finire confiscato

L'inchiesta, quante case hanno Fini e Tulliani?  
Gaucci aiuta i pm a scovare l’impero "scippato"

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica


RomaCase, terreni, automobili, quadri e orologi. Beni immobili e mobili (oltre alla «celebre» vincita miliardaria al Superenalotto, la cui paternità è contesa) nella disponibilità dei «Tullianos», ma dei quali Luciano Gaucci rivendica la proprietà. Proprio le «memorie» di Lucianone - carte segrete nelle quali l’ex patron del Perugia snocciola gli elementi del patrimonio di Elisabetta Tulliani e dei suoi parenti, a suo dire intestati alla famiglia dell’ex fidanzata ma pagati da lui stesso - arricchiranno presto il fascicolo d’inchiesta assegnato al pm del capoluogo umbro Antonella Duchini dal procuratore facente funzioni, Giuliano Mignini. Fascicolo aperto, d’altra parte, proprio per le dichiarazioni rilasciate da Gaucci alla stampa nelle ultime settimane, dichiarazioni con le quali l’imprenditore, che ora vive a Santo Domingo, rivendica la proprietà di quei beni.
Al momento l’iscrizione è a modello 45. Sarà la Duchini, che ha già seguito l’inchiesta per bancarotta a carico dell’ex presidente della squadra umbra, e che due giorni fa era al lavoro nel suo ufficio in procura, a decidere i prossimi passi. Di certo, la nuova indagine è strettamente connessa a quella per il crac del Perugia calcio di Gaucci. Se si dimostrasse che quei beni erano suoi, potrebbero finire in tutto o in parte per essere confiscati, perché sottratti indebitamente al patrimonio dell’allora indagato Gaucci. E tra questi quindi anche la casa romana nella quale oggi Elisabetta abita insieme al presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Il legale di Lucianone, che su quelle proprietà è già al lavoro con indagini difensive, ha manifestato la sua intenzione di mettere i risultati a disposizione del pm Duchini. Carte che riprendono in parte il procedimento civile pendente a Roma. Così come quel puntuale elenco dei «beni contestati», redatto da Lucianone. Eccolo qui, casa per casa, caso per caso. Con tanto di testimoni che potrebbero provare che Gaucci ha ragione.

L’ex patron di Perugia, Viterbese, Sambenedettese e Catania, dunque, fa i nomi di Barbara Del Duca, Umberto Macellari, Laura Calcani, Giovanni Bruno, Mario Bianchi, Pasquale Carvelli, Franco Maiuri e Antonio Ammente come testi in grado di provare che «l’acquisto dell’appartamento di via Sardegna, 22, Roma (attico di 4 vani intestato a Elisabetta Tulliani, ndr) fu trattato direttamente da Luciano Gaucci; fu precedentemente visitato dallo stesso, che si è ivi recato accompagnato dalla sua segretaria Barbara Del Duca e dall’autista Umberto Macellari; fu quindi dallo stesso acquistato dalla signora Laura Calcani e pagato con assegni tratti sul conto corrente del Gaucci e, quindi, intestato fiduciariamente a Elisabetta Tulliani; fu ristrutturato a spese del Gaucci e con operai da lui ingaggiati; fu arredato a cura e spese dello stesso Gaucci».

E in queste carte, presto a Perugia, c’è una ricostruzione simile anche per le tante case dei Tulliani di via Conforti, nella zona di Valcannuta, a Roma, in una delle quali Elisabetta vive con Fini. Cinque appartamenti più varie pertinenze che «facevano parte di un lotto di 22 appartamenti, oltre a soffitte, box e posti auto all’aperto, e furono acquistati, quando ancora erano in costruzione, ma stavano per essere ultimati, da Luciano Gaucci, il quale trattò direttamente l’acquisto con l’imprenditore Bonifaci, e con i suoi incaricati Emanuele Caserio e Giovanni Casson, amministratore della società ValBo srl, alla quale i detti immobili erano formalmente intestati». E così, «man mano che venivano completati, il signor Luciano Gaucci indicava le persone fisiche o giuridiche a cui intestarli, dando le relative disposizioni al Bonifaci o all’amministratore della società Valbo srl, sia per quanto riguarda le rifiniture sia per quanto riguarda i soggetti fisici o giuridici cui dovevano essere intestati».

A dimostrare che quelle case erano in realtà di Gaucci, secondo l’imprenditore, dovrebbero essere appunto i «protagonisti» della compravendita: Bonifaci e Casson, ma anche l’avvocato Giovanni Bruno e i suoi collaboratori Macellari, Carvelli e Del Duca. Testimoni del fatto «che in tale contesto Gaucci diede disposizioni di intestare gli immobili del capo 3 (due appartamenti per 10,5 vani, quelli in cui ora abita anche Fini, più due soffitte, due box, e due posti auto, ndr) a Elisabetta Tulliani; gli immobili al capo 4 (un appartamento di 4,5 vani più soffitta, box e posto auto, ndr) a Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta; gli immobili di cui al capo 5, che precedentemente erano stati intestati, sempre su disposizione di Gaucci, alla società Katape del Gruppo Gaucci, all’uopo costituita e amministrata da Barbara Del Duca, e gli immobili di cui al capo 6 (complessivamente due appartamenti per un totale di 8 vani, più 2 soffitte e un box, ndr), furono intestati ai coniugi Sergio Tulliani e Francesca Frau, genitori di Elisabetta Tulliani». E Gaucci rivendica anche di aver provveduto ad arredare le due case di Elisabetta (accorpate nel 2004) e «in parte» anche le altre. Così come, spiegano ancora le carte dell’ex fidanzato di Elisabetta, anche «i rapporti con l’amministratore del condominio» delle case di Valcannuta «sono stati sempre tenuti e curati dall’amministrazione del Gruppo Gaucci (...) il quale ha sempre provveduto fino a giugno 2005 a pagare ogni onere condominiale e fiscale».

C’è un punto che interesserà molto il pm Duchini, che il fallimento del Perugia calcio lo conosce bene. Quello in cui si spiega che, a pagare tutte le case, comprese quelle intestate ai Tulliani, insiste Lucianone, è stato «interamente» lui, con denaro che «proveniva in parte da una vincita all’Enalotto di 2,2 miliardi di lire, giocata presso la tabaccheria «Fortuna ’93» di via Merulana, 266, e in parte da un prestito dalla banca Wbae Arab alla società di calcio Perugia e da questa girato al signor Luciano Gaucci». Passi la schedina.

Ma se fosse provato che soldi del fallito Perugia sono serviti a finanziare quegli acquisti, i tetti dei Tulliani (e di Fini) non sarebbero più così solidi.

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