Politica

In linea per l’estate con la «zona italiana»

In allegato domani con «il Giornale» il libro della dottoressa Braga che segue la filosofia dell’americano Barry Sears

Francesca Amè

«Noi siamo ciò che mangiamo» in Inghilterra è diventato il titolo di un noto programma che su Channel 4 insegna agli ingordi inglesi come stare a stecchetto. Che il benessere psicofisico passi per ciò che si mette in tavola e nello stomaco è consapevolezza di molti, tuttavia c’è una dieta - sebbene il suo ideatore, Barry Sears, preferisca chiamarla metodo - che batte tutti per numero di richieste, curiosità e, qualcuno aggiunge, tentativi di imitazione. È la zona, un regime alimentare che tiene sotto controllo («in zona») i carboidrati che producono insulina, un ormone che se in eccesso fa immagazzinare grasso nel corpo. Al posto di pasta, pane e derivati, ci si ciba di proteine (carne, pesce, formaggio) per stimolare la secrezione di glucagone, un ormone che diminuisce l’insulina e brucia il grasso in eccesso. Il dottor Sears ha ideato questa dieta in America ma qui da noi la zona è legata al volto della dottoressa Gigliola Braga, biologa alimentarista. Doveroso leggere il suo La zona italiana(in allegato oggi con il nostro quotidiano) per capire in che modo il pragmatico metodo a stelle e strisce di Sears possa essere applicato all’italico palato. Senza perdere abitudini e sapori rigorosamente made in Italy.
Dobbiamo dire addio alla dieta mediterranea?
«Direi di no: la zona italiana è il miglior modo per perfezionare la dieta mediterranea».
In che senso?
«Il metodo della zona elaborato dal dottor Sears è di fatto molto vicino alle nostre abitudini alimentari: favorisce il consumo di frutta e verdura, l’utilizzo dell’olio di oliva, delle proteine in quantità moderate e di tanto pesce. Tutti alimenti presenti nella nostra cucina».
Ma che dire del pane e della pasta?
«L’unico errore grave della dieta mediterranea è l’eccesso di carboidrati. Il loro accumulo è dannoso: non lo diciamo solo noi ma anche recenti studi dell’Harvard Medical School».
È per questo che la dieta a zona fa tanto parlare di sé?
«È sulla bocca di tutti perché funziona».
Quando ha cominciato a interessarsi alla zona?
«Negli anni Novanta accompagnai diverse volte mio marito negli Stati Uniti per alcune sue competizioni sportive di lancio del peso. Parlando con gli atleti americani, venimmo a conoscenza di questo nuovo metodo di alimentazione: devo ammettere che all’inizio lo guardai con sufficienza...»
Ma presto si mise a «tradurlo» in italiano.
«Prima mio marito ed io abbiamo fatto da cavia: volevo essere certa della validità del metodo».
Che cos’è la zona italiana?
«È il mio tentativo di rendere questo metodo di nutrizione accessibile a tutti e compatibile con la nostra cultura.

Ho solo ritoccato la fase applicativa, aumentando la fruizione di frutta e verdura, alimenti familiari e amati in Italia».

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