La linea per le vittime di scuole rabbiniche

Sui media internazionali l’eco non pare essere ancora arrivata, ma in Israele c’è chi comincia a parlarne: esiste un problema pedofilia anche nella realtà delle scuole rabbiniche (yeshivot) e i dati rischiano d’essere da record, stando alle informazioni fatte filtrare a fatica dai recinti di un universo separato. A denunciarlo è un’organizzazione non governativa israeliana che da anni si occupa di violenze domestiche, su donne e minorenni, e che da qualche tempo ha creato una linea telefonica d’aiuto ad hoc, destinata proprio alle vittime dei collegi religiosi ebraici. L’iniziativa, secondo i volontari della Association of Rape Crisis Centers in Israel (Arcci, sito internet www.1202.org.il), si rivolge in primo luogo a ragazzi e giovani immersi nel mondo a parte delle comunità ortodosse e ultraortodosse. Ma non solo a loro, come dimostra il caso recente di un influente rabbino di Gerusalemme (estraneo a correnti radicali) costretto a lasciare l’insegnamento e autoconfinarsi in provincia dall’inedito bando di un sinedrio di confratelli dopo essere stato accusato di «comportamenti impropri» verso alcuni discepoli. Uno dei pochi episodi emersi dall’interno, si osserva all’Arcci, le cui linee telefoniche - promosse inizialmente per contrastare le violenze domestiche - hanno cominciato a raccogliere in misura sempre più consistente denunce di abusi, maltrattamenti e vere e proprie molestie sessuali commesse nelle yeshivot, nei bagni rituali e qualche volta addirittura in sinagoga, a opera di rabbini o docenti. Un fenomeno minoritario, certo, come in tutte le realtà - religiose e laiche - infettate dalla piaga, sottolineano i responsabili dell’associazione.

Ma non per questo irrilevante, se si pensa che gli sos di voci maschili giunti all’Arcci sono stimati quasi pari a quelli delle vittime femminili. L’associazione, che conta nove strutture in giro per il Paese, si propone innanzi tutto di rompere un muro di silenzio.

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