L'intervento di Fini/"Io leale, non traditore Ho posto dei problemi per il bene del partito"

L'intervento di Fini/"Io leale, non traditore Ho posto dei problemi per il bene del partito"

Fare «chiarezza», per «spiegare cosa sta accadendo». Pone subito l’obiettivo, Gianfranco Fini, quando sale sul palco, poco prima dell’una - scenderà in platea un’ora dopo -, quando ancora nessuno immagina davvero lo scontro pubblico che si consumerà di lì a poco con il Cavaliere. Anche se le avvisaglie si avvertono subito: «Non voglio usare un’espressione che può apparire polemica, ma mi sembra che anche nella regia dell’avvio dei lavori della Direzione - afferma il presidente della Camera rivolto al premier - ci sia stato un atteggiamento un po’ puerile di chi vuole nascondere la polvere sotto il tappeto, come se gli italiani avessero visto un altro film». Vedi scaletta degli interventi, con il suo nome previsto inizialmente dopo quelli di Verdini, La Russa, Bondi e i ministri, insieme agli altri co-fondatori (Gianfranco Rotondi e Carlo Giovanardi), inserimento che gli fa storcere il naso: «Ho scoperto che eravamo in tanti a cofondare... ».
Detto questo, Fini rimarca che «la leadership di Berlusconi non è messa in discussione, almeno da chi vi parla». Salvo chiarire che «avere opinioni diverse, rispetto al premier e presidente del partito, significa esercitare un preciso diritto-dovere». Ciò che «sta accadendo», aggiunge l’ex leader di An, è che «su alcune questioni di carattere squisitamente politico, relative ai problemi del Paese, all’azione del governo, al ruolo del partito, uno dei cofondatori ha opinioni diverse rispetto a quelle del presidente. Il che non vuol dire negare ciò che ha fatto il governo».
Da qui in avanti, però, i toni si acuiscono. «Per aver posto delle questioni in questi mesi, sono stato oggetto di attacchi mediatici da mezzi di informazione lautamente pagati da stretti familiari del presidente del Consiglio». Il riferimento diretto, è ovvio - a cui l’assise reagisce rumoreggiando - è al Giornale. Fini va poi in crescendo, rimarcando di non avere «bizze», né di essere «geloso». Figuriamoci se possa essere definito «traditore» - termine su cui verte il primo dei battibecchi con il capo del governo - visto che «dire in faccia le cose è dimostrazione di lealtà».
La questione è un’altra: «Sono solo abituato a dire ciò che penso se non sono d’accordo. E da mesi e non da ora dico che non mi piace il presepe che ho contribuito a creare». Così, anche se «qualcuno dice che faccio il bastian contrario o il grillo parlante», in realtà «gli italiani pensano che alcune cose che dico siano meritevoli di attenzione». Il problema non può essere così ricondotto a una mera «questione di conta», visto che si tratta di una «fotografia» dell’esistente, ma il punto da garantire è un altro: «Non è possibile derubricare tutto come se fossero questioni personali». Per essere chiari: «Anch’io ebbi a definire le correnti una metastasi». Ma qua «non si tratta di far nascere una corrente finalizzata a quote di potere», ma di «animare un dibattito, un confronto che non può che far bene». Riassumendo: «Oggi viene meno la fase costitutiva del Pdl» e «non ha più senso parlare di quote 70 e 30», dato che nasce la componente «che non condivide in toto» l’operato del premier.
Un malcontento che parte da una premessa chiara: «Su alcune questioni il Pdl ha perso lo smalto» originario. E non a caso, ribadisce Fini, «al Nord siamo diventati la fotocopia della Lega, che «ci sta omogenizzando». Sul fronte immigrazione, tocca muoversi nel pieno rispetto della «dignità umana», valore fondante di quel Ppe a cui il Pdl si ispira. A seguire, lancia una proposta sul federalismo fiscale («facciamo una commissione interna con i governatori»), e avverte: «Dobbiamo rimodulare il programma sulle cose che è possibile fare da qui alla fine della legislatura», alla luce degli effetti delle crisi economica, pensando magari di rivedere il sistema pensionistico. Anche perché «senza le risorse necessarie, è difficile calare le tasse per famiglie e imprese. E fra tre anni ci chiederanno il conto».
Capitolo riforme. «È un fatto politico quando Berlusconi dice che vanno fatte con il massimo consenso e su questo ovviamente non c’è dissenso, anche se - aggiunge Fini - fino a qualche tempo fa non sembrava fosse questo l’orientamento del Pdl».

Si chiude con la giustizia: «È certamente indispensabile riformarla, ma combattere la politicizzazione di una parte della magistratura» non significa dare «anche minimamente l’impressione di tutelare sacche di impunità». Da qui in avanti, saranno scintille.

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