Lippi dà la carica agli azzurri: «Coraggio, qui ho vinto due volte»

Il ct si sente a un passo dalla storia: «Sfruttiamo questa grande occasione»

nostro inviato a Dortmund
E adesso che comincia il bello sarebbe un delitto fermarsi. Magari appagati dalla conquista di un posto tra le quattro regine del mondiale. «L’ho detto subito dopo l’Ucraina: sono entrato nello spogliatoio e ho ricordato ai miei, ragazzi, questo deve rappresentare il punto di partenza, non il punto di arrivo». Le parole di Marcello Lippi rendono più sopportabile la sauna della sala stampa allestita all’esterno del Westfalenstadion e meno scontato il copione di una vigilia circondata dal caldo afoso e dai veleni del caso Frings. Sull’argomento del giorno, il ct è categorico, quasi minaccioso, rivolto alla platea dei giornalisti tedeschi che continuano a martellare con i sospetti e i pettegolezzi: «Voi potete scrivere quel che volete, ma sia chiara una cosa: nessuno di noi del club Italia ha mosso un dito. Nessuno se l’aspettava, anzi, siamo rimasti sorpresi dalla riapertura disciplinare decisa dalla Fifa». Fine della polemica e anche della schermaglia. Anche perché, e questo è un parere tecnico largamente condiviso, l’assenza di Frings non potrà orientare diversamente la sfida. È il tipo che può fermare Totti, non il tipo che può impensierire Buffon. «Con o senza Frings non cambierà la voglia di vincere della Germania» è la sua idea largamente condivisa.
E neanche dinanzi ai numeri, Lippi riesce in qualche modo a vacillare. Dortmund è lo stadio portafortuna della nazionale tedesca, 14 partite senza mai perdere, ma lui non fa una piega. Come succede probabilmente al resto della nazionale. «Se è per questo anch’io ho vinto due volte qui, con la Juventus. Non ci lasceremo condizionare dai numeri. Anzi spero proprio di vincere per la terza volta» l’augurio che si trascina dietro i dettagli dei due precedenti favorevoli. Coincisero con l’inizio della sua avventura in bianconero. In coppa Uefa, la prima, con Roberto Baggio che gli saltò al collo dopo un gol dei suoi, in Champions League la seconda, con il primo Del Piero capace di una veronica dal limite dell’area di rigore, settembre del ’95 la data. Perciò non esistono favoriti di sorta, in semifinale di coppa del mondo, si parte alla pari, dalla stessa altezza. «Può succedere di tutto, non siamo né favoriti né sfavoriti, vogliamo vincere. Di certo è una grande occasione» è la sua ricetta per resistere alle tentazioni dei luoghi comuni.
Senza Frings la Germania, ma con un Paese intero alle spalle. «Anche noi non saremo soli, sappiamo che saranno in trenta milioni davanti alla tv, sappiamo che hanno organizzato maxi-schermi, che l’entusiasmo ha invaso le piazze. Mai ci siamo sentiti soli» aggiunge Lippi che sul punto si concede una battuta fulminante con un cronista romano il quale gli garantisce il tifo della tribuna stampa. «Non ce la vedo col bandierone in mano», la sua chiosa. Dietro gli occhiali a goccia, resiste infatti il rancore del Lippi che non sa perdonare. «Non dimentico quelli che mi invitavano a lasciare: dissi allora che per nessuna cosa al mondo l’avrei fatto. Ora leggo giudizi di timbro diverso, mi fanno piacere quelli di Rossi e della federazione, li ho avuti al mio fianco» è la sua risposta che autorizza a immaginare quale sarà la sua posizione, a mondiale finito. Nel frattempo è meglio concentrarsi sulla Germania di Klinsmann e sui rigori, mai provati ieri sera, a Dortmund. «L’ho fatto apposta, poteva esserci qualcuno interessato a vedere. Le prove le abbiamo fatte nei giorni scorsi a Duisburg. Abbiamo anche noi un ottimo portiere e ottimi rigoristi» la conclusione.

Che tiene conto di un paio di notizie del gruppo. Nesta è stato dichiarato indisponibile, Camoranesi invece recuperato a tutti gli effetti. Che vuol dire due cose molto semplici: uno tornerà per il fine settimana, l’altro stasera.

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