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Lippi e la sua Italietta: «Questo Brasile non mi toglie il sonno»

Il ct apre il suo secondo anno alla guida degli azzurri e guarda al prossimo mondiale con ottimismo e senza timori reverenziali

Franco Ordine

Da Viareggio, cuore della Versilia, il mondiale è ancora sufficientemente lontano per non fare l'effetto, strano, di un autentico miraggio. Da Viareggio persino l'armata del Brasile, uscita dalla Confederations Cup con l'investitura a rivincere nel 2006, non deve provocare particolari brividi lungo la schiena di Marcello Lippi. Il Ct inaugura il suo secondo anno tra umori indecifrabili e destini sospesi: appena 12 le partite vissute sulla panchina azzurra, 2 perse, 4 pareggiate e 6 vinte che lo spingono verso l'appuntamento iridato; più consistente il numero degli azzurri impiegati, 55, e dei debuttanti accompagnati per mano, 24, con un veterano inatteso, Materazzi, l'interista, che vanta 9 presenze addirittura. Sono cifre sufficienti per sperare in un mondiale col sorriso? Sentite la risposta.
Allora, caro Lippi, l'ultimo Brasile, le toglie già il sonno?
«Per il sonno, forse, è presto. Per rendere onore alla nazionale che si appresta a dominare il prossimo torneo mondiale di Germania, invece no. L'impressione, ricavata, in televisione è quella di un'autentica armata calcistica. Con un portiere molto forte, difesa e centrocampo alla portata, ma con 3-4 stelle di prima grandezza in attacco che possono far vedere i sorci verdi a chiunque. Vederli giocare, Kakà e Ronaldinho, Robinho e Adriano, aspettando Ronaldo, è uno spettacolo».
Anche Robinho l'ha colpita?
«È una scheggia».
Facciamo qualche paragone: non sarà che questo trio fa venire in mente Didì, Vavà e Pelè del '58 in Svezia?
«Guardi, io avevo 10 anni e i ricordi si disperdono, anche i filmati sono piccola cosa rispetto alla maestà di quello squadrone. Io posso parlare di un altro Brasile, quindi».
Di quale, scusi?
«Del Brasile del '70, dell'ultimo Pelè. E mi pare che sul piano del godimento dello spettacolo, e in particolare esaminando la varietà dei colpi, ci siano molte affinità».
Cominciamo da Adriano...
«È stato un ciclone. Da solo o quasi ha vinto la coppa Italia per l'Inter, ha giocato il primo semestre della stagione a livelli altissimi,due anni senza vacanze sono una tortura anche per i muscoli e il fisico di un giovanotto superdotato. Lo scadimento tradito nel secondo semestre è un evento naturale. Sarà un protagonista di Germania 2006».
Passiamo a Kakà: nel Milan è partito in sordina, si è svegliato alla fine, ha chiuso alla grande. Cosa gli è successo in Italia?
«Avesse continuato come il primo anno, avremmo dovuto chiudere bottega tutti o quasi. E invece un po' ha ripreso fiato, un po' gli han preso le misure, un po' ha pagato lo scotto della mancata sorpresa. Non ha perso una caratteristica: dietro Sheva, nel Milan, è l'unico che può inventare, sempre e cambiare il destino di una partita».
L'Argentina è uscita dalla finale ridimensionata: è così?
«Errore. Il calcio argentino ha scuola e tradizione, l'under 20 promette benissimo, l'utilizzo degli argentini europei può garantire il resto. Non sottovalutate quel secondo posto».
Che aggettivo le suggerisce invece la nuova Germania di Klinsmann?
«Interessante. Si porta dietro il patrimonio genetico del calcio tedesco e aggiunge qualche buon elemento, Podorski per esempio: non comandano mai il gioco, non fanno possesso palla ma sono tosti. Dovessero trovare per tempo un centravanti alla Bierhoff possono competere con chiunque».
Caro Ct, la sua Italia non è troppo piccola?
«Vedremo. Intanto ho chiesto alla mia federazione di organizzare nel mese di novembre, con la qualificazione in tasca, un paio di amichevoli prestigiose. Abbiam provato col Brasile, non ci siamo riusciti, troppi impedimenti. Ne faremo una con la Germania e una con l'Olanda. L'intento è quello di allenare i miei giovanotti alle sfide di grande appeal per evitare che poi, nella prossima estate, si possano commettere peccati d'inesperienza. Nel frattempo dobbiamo cementare lo spirito che ho già intravisto nel gruppo ed augurarci di arrivare alla scadenza naturale con 23 giocatori non completamente usurati dalla stagione».
Perché chiede collaudi, Inter, Milan e Juve non giocano già la Champions league?
«Vero. Ma è questo il punto. La mia Nazionale non è costruita con la tecnica del blocco, utilizzata per esempio da Bearzot in Argentina e in Spagna poi. Abbiamo un gruppo di 30 giocatori, da questi arriveremo a 23 e dentro ci saranno esponenti di Palermo e Udinese, Cagliari e Samp per la presenza nelle altre società di moltissimi stranieri»
Vogliamo sciogliere il nodo Totti: cosa è successo tra lei e Francesco?
«È panna montata. Non ho mai pensato alla mia Italia senza Totti, gli ho solo spiegato per tempo, prima di partire per Oslo, che lo avrei lasciato a casa. Avevo in testa un certo modulo, non volevo né sacrificarlo né mortificarlo. Argomento chiuso».
Torniamo all'Italietta...
«Allora facciamo qualche conto: un portiere come il nostro non sono in molti ad avercelo, poi aggiungi una difesa collaudata, centrocampo di buon livello e davanti, un bel trio, diciamo i giovani di riferimento, Gilardino-Cassano-Totti. Io sostengo che possiamo crescere e migliorare. Ho molta fiducia».
E Gilardino fa bene ad andare al Milan?
«Si, è la sistemazione ideale per lui».
Andiamo avanti: di cosa ha bisogno per perfezionare il gruppo dei 23?
«Se dovessi esprimere un voto, chiederei un bell'esterno sinistro per giocare in modo più efficace il 4-4-2 che è un modulo chiave. Di altri ricambi non ho bisogno».
Zola ha lasciato il calcio...
«Gli ho parlato di recente, sapevo che c'era in ballo una scelta così importante. Io commento così: tanto di cappello all'uomo e al calciatore».
Maradona è tornato a vivere e a frequentare Napoli: che impressione le ha fatto?
«Vuol sapere da cosa sono stato colpito? Dal fatto che la festa per l'addio di Ciro Ferrara, a Napoli, s'è trasformata nella notte per il ritorno alla vita di Maradona».
Vieri sta per lasciare l'Inter e forse si accasa col Milan: ma è ancora uno dei vostri?
«L'ho controllato una settimana prima di volare verso Oslo: l'ho trovato felice, contento, ha lavorato con entusiasmo. Quando sta bene può dire la sua».
A proposito di schema, ha deciso come giocherà in Germania?
«Lo schema base resta il 4-4-2. Poi si possono inserire nel puzzle altre tessere e cambiare al volo disegno tattico. Non escludo nemmeno l'albero di Natale alla Ancelotti».
Caro Lippi, chiudiamo proprio con Ancelotti: ce la farà a superare lo choc del 25 maggio. Lei ha avuto una esperienza quasi simile, a Manchester, nel 2003...
«La delusione è più grande della felicità procurata da una vittoria, ma bastano 15-20 giorni per smaltire e ritornare sotto, con rabbia e determinazione.

Quel sentimento si trasformerà in energia».

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