Franco Ordine
da Roma
Se questo è linizio del mondiale, la nazionale di Lippi può arrivare lontano, molto lontano. Ed esaurire, a sorpresa, la sua rincorsa verso linferno tedesco nei dintorni del paradiso, della fase finale del torneo iridato. No, la fiducia cieca nella guarigione completa di Francesco Totti e nella sua maturità acquisita è un argomento di contorno, non vale nemmeno la speranza che resista, nelle settimane a Duisburg, la magia di Toni e Gilardino, noti amanti del gol. Qui conta invece la prima composta reazione di Marcello Lippi e dei suoi fragili nervi che reggono allurto violento di una conferenza-stampa che in qualche frangente sembra una specie di terzo grado sui temi più scottanti dellattualità. Non mancano le lampade accese sul suo volto, tirato ma non stravolto dalla tensione, non mancano le domande più insidiose e le richieste di abiure della Juve, dei vecchi amici Giraudo e Moggi, sullaffare Buffon, della Gea e del rapporto col figlio Davide, esponente della stessa agenzia.
Eppure Marcello Lippi, fumantino come solo un toscano di mare sa essere, capace di clamorose intemerate, non prende mai cappello, risponde placido a ogni insidia, anzi sopporta cristianamente il supplizio. Merito di una intelligente preparazione psicologica, amici fidati e federali, lo martellano prima del confronto serrato con microfoni e taccuini che finisce con toni distesi e il sorriso di Gigi Riva, lautorità morale del club Italia, lormeggio dichiarato delle prossime settimane dopo la strage di vice-presidenti e dirigenti a vario titolo. Perché questa è linsidia maggiore del prossimo mondiale, non la ferocia del Ghana e neanche il talento di Nedved e Jankulovski, linsidia è rappresentata dalla tortura cinese di giornali e televisione, laccoglienza bollente di giornali tedeschi e conferenze-stampa pronte a essere trasformate in un tiro al piccione. «Questo clima ostile sarà il nostro collante e il nostro propellente» confida il Ct, convinto di suscitare, in queste ore, grande entusiasmo tra i tifosi italiani e di poter dimostrare, a nome dellintero movimento, le «qualità morali» che nessuno al mondo ci accredita, con qualche ragione, probabilmente.
Così Lippi, partendo da una premessa fondamentale («mai pensato di dimettermi»), supera gli scogli sistemati lungo il percorso che lunedì prossimo lo porterà a Coverciano. La grana Buffon, per cominciare. «Ho parlato con lui, è sereno. Ho chiesto al vice-presidente Abete se ci fosse un eventuale veto, mi ha risposto di no, lho inserito nella lista» è la sua ricostruzione. Confermata dal dirigente che lascia aperta la ferita dellopportunità, un nazionale che scommette, solo allestero chissà, ma scommette non è un fiore allocchiello. «Limmagine di Buffon rimarrà intatta» è la certezza di cemento armato del Ct. Che non si tira indietro sugli altri fronti aperti. «Sono pronto ad andare dai giudici che indagano sulla Gea», la disponibilità esibita. Con una tranquillità sorprendente. «Le telefonate di Moggi non erano pressioni ma colloqui che rientravano nel mio dovere di Ct. Ne ho ricevuto mille da presidenti, allenatori e procuratori, poi ho scelto per mio conto» aggiunge. «Così per Cannavaro, allepoca reduce da un grave infortunio» spiega il Ct. «Così per Chiellini, Blasi, Cassetti, Parisi prima chiamati e poi messi da parte per valutazioni tecniche, relative al rendimento» altra risposta attesa. «A mio figlio dissi il primo giorno: levati dalla testa che io possa favorire un tuo assistito. Anzi a lui ho richiesto quali fossero i procuratori dei 23 azzurri convocati, non li conoscevo» fa sapere. Solo sui dirigenti coinvolti, Carraro e Mazzini prima, Giraudo e Moggi poi, temporeggia e non rinnega. «A tutti quelli della Juve ho ripetuto la mia stima e il mio affetto» chiosa: laffetto si può capire, la stima meno, molto meno. Ma bisogna accettare anche questo lato del Ct che difende con le unghie e con gli artigli Cannavaro, il capitano. «Fabio è una delle immagini più belle del calcio italiano».
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