Le liquidazioni d’oro dei consiglieri regionali ci costano 33 milioni

Questa la spesa se dopo il voto del 2010 gli eletti non saranno riconfermati. In Piemonte la buonuscita è di ben 85mila euro

Le liquidazioni d’oro 
dei consiglieri regionali 
ci costano 33 milioni

Hanno anche la liquidazione, i consiglieri regionali. E che liquidazione: da decine di migliaia di euro. Un beneficio noto agli addetti ai lavori, ma di cui l’opinione pubblica non sempre è consapevole. Almeno fino a ieri. Goà, perché l’arcivescovo di Torino, Severino Poletto, ha avuto l’audacia di biasimare i politici che in tempi difficili come questi mancano di sobrietà. Al cardinale non è piaciuta la superindennità che i consiglieri uscenti della Regione Piemonte percepiranno fra tre mesi, quando si chiuderà la legislatura. Ben 85.770 euro, netti, per 5 anni di lavoro.
Il Tfr piemontese è il più alto d’Italia, seguito a poca distanza da quello pugliese, con un’indennità di 80.600 euro a legislatura. Una regione del nord e una del sud; la mappa delle liquidazioni stravolge la consueta geografia politica e civica. Infatti tra quelle virtuose troviamo al primo posto la Calabria con 21.920 euro, seguita dall’Emilia Romagna con 24mila euro e dal Veneto con 27.497 euro. Insomma: quanto a emolumenti non c’è differenza tra settentrione e meridione, come risulta dalle statistiche della Conferenza delle Assemblee legislative delle Regioni e dai dati che il Giornale ha raccolto interpellando i Parlamenti locali.
Il motivo? Semplice: ogni regione è libera di determinare l’entità degli emolumenti. La conseguenza? Intuibile. Le elezioni che si svolgeranno la prossima primavera costeranno parecchio alla collettività. La media delle indennità di fine mandato nelle tredici regioni che si recheranno alle urne è di 42.901 euro, sempre al netto delle tasse e dei contributi. Pur essendo molto difficile stimare il Tfr maturato complessivamente fino ad oggi, considerato che riguarda ben 709 consiglieri - alcuni dei quali di prima nomina, altri invece veterani - abbiamo tentato un calcolo indicativo. Ipotizzando che tutti i consiglieri avessero una sola legislatura alle spalle e che tutti venissero sostituiti, il costo complessivo ammonterebbe a 32.633.086 euro. Una bella somma in tempi di crisi, tanto più che il costo reale è di gran lunga più alto.
«Mi auguro che questi dati inducano l’opinione pubblica e i politici a definire con chiarezza e senza sperequazioni quanto debba guadagnare un consigliere regionale in Italia», dichiara al Giornale Monica Donini, numero uno del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna e presidente Conferenza delle Assemblee legislative delle Regioni. «Le retribuzioni dei consiglieri sono parametrati all’indennità dei parlamentari a Roma - spiega -. C’è chi è molto parco e si ferma al 60% e chi invece tocca il 100%, come la Sicilia che prende come riferimento addirittura il Senato, anziché la Camera dei Deputati».
La liquidazione di solito corrisponde a una mensilità per ogni anno di legislatura. Lo scandalo del Piemonte e della Puglia è presto spiegato: anziché un mese ne vengono considerati due. Quello di Torino è recente, fu approvato nel 2003 durante l’era Ghigo. La liquidazione è proporzionale al numero di anni trascorsi in Consiglio. Per intenderci: se un consigliere lasciasse dopo tre mandati incasserebbe 257.312 mila euro. Puliti, puliti. Una bella ricompensa, non c’è che dire, che si inerisce in una realtà molto variegata.
Alcune regioni si limitano a calcolarla sull’indennità di carica, dunque sullo stipendio base. È il caso dell’Emilia Romagna dove il Tfr è uguale per tutti. Ma altre regioni come la Toscana e la Campania considerano nel computo anche le altre indennità, come quella di funzione. E la liquidazione, di riflesso, aumenta.
In un’Italia che non è ancora federale, quando si tratta di stipendi ognuno decide per sé. La Lombardia accorda ai propri eletti 68mila euro, molto più del Lazio (31mila euro), dove però le voci extra sono molto numerose e variano a seconda della carica, dunque aumentano in proporzione alla carica.
L’Umbria calcola la liquidazione sulle base degli ultimi dodici mesi, ma con un tetto massimo: il Tfr è limitato a dieci anni in Consiglio, chi supera questo termine non ha diritto a maggiorazioni. Un meccanismo analogo è stato adottato dalla Liguria, ma il limite è fissato a tre legislature anziché due. Sia Umbria che Liguria risultano sotto la media (rispettivamente 28mila e 30mila euro). La Campania dove l’indennità è di 50mila euro ha tentato di arginare i costi, seppur minimamente. «Dal 2006 abbiamo bloccato gli scatti automatici», spiega il consigliere segretario Pasquale Marrazzo del Pdl.
In genere, comunque, la regione che decide di autogratificarsi con stipendi elevati raramente torna sui propri passi, come dimostra ancora una volta il Piemonte. La norma fu votata in pieno agosto su iniziativa del centrodestra, ma l’attuale maggioranza di centrosinistra in cinque anni non l’ha certa abrogata. Solo ieri dopo il richiamo del cardinale Poletto alcune voci si sono levate invocando un cambiamento. Voci da campagna elettorale.

Il «salario di reinserimento», così si chiama tecnicamente la liquidazione, fu introdotto con lo Statuto Albertino, addirittura nel 1848. Da allora nessuno ha rinunciato a questo privilegio.
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