da Roma
È dura, davvero molto dura. Reinserirsi nella vita sociale, dopo essere stati parlamentari, dev’essere uno di quei traumi paragonabili soltanto alla morte del coniuge o alla separazione. Svegliarsi la mattina nello stesso letto di sempre, senza avere giù magari l’auto blu con autista che aspetta, senza corse a sirene spiegate e palette brandite nelle corsie preferenziali, e le riunioni importanti in commissione, e le sedute in aula con i commessi pronti ad accorrere per ogni piccola difficoltà. E l’ufficio nei prestigiosi palazzi romani con segretarie e assistenti (i cosiddetti portaborse), e i frettolosi ma congrui pranzetti al ristorante interno, e la pennichella ritagliata magari nell’appartamento di servizio (solo per la top class parlamentare) o nel medesimo ufficio. La sauna in fretta e furia sotto l’aula di Montecitorio. Per non parlare delle faticosissime e stressanti missioni di studio all’estero. Che vitaccia.
Tutto svanisce così, di botto. Per colpa di un destino cinico e baro, dell’irriducibile nemico politico che riesce a soffiarti la poltrona quando meno te l’aspetti, quando sei distratto o solo attratto dall’avvenente commessa che ti guarda con gli occhioni blu. Ti volti e sei fuori, non ricandidato o candidato in un posto senza speranza. Sono quasi duecento i depennati dalla lista, molti di più quelli che non ce la faranno a tornare dopo il 13 aprile. Cosa fai, allora? Non sai a che santo votarti (e soprattutto chi ti voti). Dev’essere per questo che i previdenti uffici di Camera e Senato hanno previsto un piccolo aiutino per il «reinserimento nella vita sociale». Così si chiamava l’indennità, ma oggi si preferisce puntare su una più fraterna «indennità di solidarietà». D’altronde chi ti aiuta, quando il mondo sembra crollarti addosso? La solidarietà del Palazzo, secondo i malevoli una solidarietà di «casta».
Cifretta che certo non risolve i problemi, e che dipende dal numero di legislature consecutive svolte (sei mesi più un giorno conta per un anno intero). Un regalino post-pasquale, che per i nomi più noti e navigati arriva a qualche centinaio di migliaia di euro, e per i peones a qualche decina di migliaia. L’indennità corrisponde alla liquidazione dei comuni mortali, ma con una sostanziale differenza: è esentasse, ovvero senza trattenuta alla fonte, in quanto i soldi risultano accantonati soltanto dal parlamentare (leggi dal contribuente). L’ottanta per cento dell’indennità lorda (grosso modo sui 12mila euro mensili), moltiplicata per il numero di anni di «vitaccia» consecutivi.
Usciti finalmente dalla gabbia del Parlamento, come se fosse quella di Regina Coeli, alcuni dei «pezzi da novanta» avranno un omaggio che li aiuterà al «reinserimento nella vita sociale». La «top ten» vede in testa Armando Cossutta (345.744 euro), seguito da Clemente Mastella (307.328 euro), Alfredo Biondi (279.792 euro), Luciano Violante (271.498 euro), Vincenzo Visco e Sergio Mattarella (234.050), Willer Bordon (201.684 euro). Non si tema per la sorte di alcuni nomi noti: avendo saltato qualche legislatura, li hanno già presi.
In totale, considerando per ora solo i non ricandidati, le uscite per l’«assegno di solidarietà» dovrebbero attestarsi oltre quota 5 milioni per Palazzo Madama e oltre quota 7 milioni per Montecitorio. Tremano però già gli uffici di Senato e Camera, in attesa dei «trombati» del 13 aprile: la cifra è destinata ad arrivare alle stelle e viene stimata complessivamente vicina ai 30 milioni di euro.
Tali «trattamenti di fine rapporto» provengono da una trattenuta alla fonte sulle indennità lorde dei parlamentari (il 6,7%, ossia 804,4 euro al mese per i senatori e 784,14 euro per i deputati). Sempre di denaro pubblico si tratta, visto che le indennità sono corrisposte dalle Camere, ossia dall’intera cittadinanza. Una mole di denaro, anche questa per le liquidazioni, che pare non bastare mai. Tanto che ci si interroga sulla sostenibilità di bilancio del sistema. Alla Camera, considerato l’alto numero di deputati, non sembrano esserci particolari preoccupazioni. L’attivo del Fondo di solidarietà a fine 2006 superava i 200 milioni di euro dei quali 43 milioni su conto corrente e 26,5 milioni investiti in gestioni patrimoniali del Monte dei Paschi di Siena e di Intesa San Paolo. Diverso il discorso per il Senato: nel bilancio preventivo 2007 non sono stati accantonati trasferimenti al fondo di solidarietà visto l’assegno da 8,7 milioni staccato nel 2006 per coprire 14,6 milioni di trattamenti. La liquidità a fine 2006 era di solo 682mila euro. Palazzo Madama non separa le gestioni dell’assegno di solidarietà da quelle per l’assistenza sanitaria (per la quale si devolve un altro 4,5% dell’indennità lorda mensile). Di qui le difficoltà che probabilmente indurranno il prossimo consiglio di presidenza a deliberare un nuovo utilizzo del fondo di riserva.
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