Il Lirico diventa «questione di Stato»

Di Francesco ammette: «Forse la questione ci è sfuggita di mano»

Il Lirico diventa «questione di Stato»

La controversa questione del teatro Lirico finisce a Roma, sul tavolo del sottosegretario alla Cultura Danielle Mazzonis che si è dichiarata «pronta a intervenire e a venire a Milano al più presto per un sopralluogo al teatro di via Larga, se non si troverà una soluzione». Parole che, pronunciate dalla Mazzonis, suonano come una certezza, come dimostrano il vincolo del Teatro Nuovo e del garage Traversi. Non solo, anche il sottosegretario al ministero dell’Istruzione e della Ricerca, Nando Dalla Chiesa, concorda con Sgarbi: «L’assessore alla Cultura - ha detto al termine del convegno “Pane e arte” al Circolo della Stampa - ha posto un problema vero. Non si possono snaturare i teatri di una città».
La bagarre sul Lirico, chiuso da 15 anni e che l’imprenditore Gianmario Longoni si appresta a ristrutturare, ha conosciuto gli onori delle cronache politiche: la crociata che Vittorio Sgarbi ha intrapreso contro il progetto di ristrutturazione, che prevede il rifacimento della platea, gli è quasi costata l’espulsione della giunta. Sgarbi, però, ha deciso di non «mollare»: l’ha ribadito anche ieri al Circolo della Stampa, davanti allo stesso Longoni. «Il Lirico deve rimanere così - ha tuonato l’assessore - il colmo è che il centrodestra vuole cacciare me che difendo un teatro fascista (il Lirico è stato ricostruito dall’architetto Antonio Cassi Ramelli dopo l’incendio del ’38, ndr). Va bene recuperare il teatro, anche se si trova in perfette condizioni, ma non posso ammettere che venga modificata la struttura. Mi opporrò con tutte le forze per evitare che si ripeta un nuovo scempio, dopo l’eliminazione del teatro di Burri al parco Sempione per colpa di un’amministrazione cieca». «Condivido le affermazioni di Sgarbi non nella forma, ma nella sostanza - aveva detto Gianmario Longoni prima del j’accuse del critico -. L'amministrazione vuole partecipare alle decisioni estetiche sul progetto, come del resto ha fatto la precedente amministrazione con il bando di gara. Noi siamo disponibili a tutto quello che può portare miglioramenti, in particolare se la voce è quella del concessionario».
Come mai il teatro di Cassi Ramelli non è stato vincolato? «No comment» è l’unica risposta che arriva dal Sovrintendente per i beni architettonici Alberto Artioli, che ha autorizzato i lavori. Diversa la posizione di Carla Di Francesco, direttrice regionale per i beni culturali: «Convocherò al più presto un incontro con il sovrintendente, Sgarbi e Longoni per approfondire la questione, che forse ci è sfuggita di mano».

Intanto domani il sindaco Letizia Moratti incontrerà Gianmario Longoni insieme all’assessore alla Cultura e il collega al Tempo Libero, Giovanni Terzi, che commenta: «Milano tutela i diritti acquisiti, cioè quelli di Longoni che ha vinto l’appalto».

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