Liste d’attesa più brevi? Il piano può attendere

Il governatore voleva «chiudere» entro settembre ma la maggioranza rimanda la pratica in commissione

Liste d’attesa più brevi? Il piano può attendere

Dopo la spaccatura, la confusione. Il centrosinistra sceglie una nuova strada, neanche a dirlo sulla risoluzione dei problemi della sanità, e sbanda ancora. Torna in aula la discussione sull’accordo con Amos, la società pubblico-privata che opera nel Basso Piemonte e che affiancherebbe le strutture pubbliche nelle visite specialistiche per abbattere le liste di attesa, ma la maggioranza si smentisce da sola. Appena due settimane fa, quando Claudio Burlando pensava di dare la spinta decisiva all’accordo con l’acquisto del 30 per cento di Amos per tre milioni di euro, Rosario Monteleone aveva gelato tutti. «C’è qualcosa di sospetto, voglio vederci chiaro - aveva in sostanza sorpreso i suoi colleghi di maggioranza, stoppando la delibera in consiglio regionale -. Invito il presidente a ritirarla e a discuterla meglio». E Burlando, abbozzando, aveva cercato di girare la patata bollente a tutti i consiglieri, quelli di opposizione in primis: «Cercate altre soluzioni e riparliamone». Ma in realtà aveva fretta, il governatore. Voleva partire con un progetto operativo entro settembre/ottobre e i tempi per trovare soluzioni diverse erano stretti.
Ieri, appunto, il primo rendez-vous. L’opposizione aveva presentato un ordine del giorno per dire di bloccare il progetto-Amos e di affidare a una società esperta nel settore uno studio che potesse valutare costi e benefici dell’operazione. Macché, per il centrosinistra è sembrato quasi un attacco, un atto di lesa maestà. Anche perché, dopo la frenata di Monteleone, nessuno se la sentiva di ammettere fino in fondo che la scelta era sbagliata. Nessuno voleva bocciarla definitivamente. E così è arrivato un ordine del giorno nuovo, che esalta tutta la collaborazione tra Liguria e Piemonte, l’importanza vitale dell’incontro di Noli tra le due regioni, il sogno del Limonte e bla bla bla vari. Salvo poi, alla fine, impegnare «la giunta regionale a presentare il progetto relativo all’abbattimento delle liste d’attesa nella sua completezza e con i necessari approfondimenti alla commissione consiliare». Cioé? Intanto che Amos non compare più, pur senza essere formalmente e definitivamente bocciata. E poi che Burlando dovrà giocoforza rassegnarsi a non avere fretta.
La realtà è che in quell’ordine del giorno manca, soprattutto, la chiarezza. Perché non entra nel merito del presunto «miracolo» che la società Amos potrebbe fare per abbattere le liste d’attesa. Franco Orsi e Luigi Morgillo di Forza Italia hanno fatto notare come i tre milioni investiti in Amos verrebbero ammortizzati sì e no tra vent’anni grazie ai risparmi. Matteo Marcenaro e Nicola Abbundo dell’Udc hanno messo il dito nella piaga: tre milioni per il 30 per cento di una società che vale, dati di bilancio e capitale sociale alla mano, tutta intera due milioni e ottocentomila euro e su cui graverebbe una potenziale sentenza Tar in grado di limitarne l’operatività. Matteo Rosso, anche lui di Forza Italia, aveva persino apprezzato «l’apertura di Burlando al dialogo» salvo poi rassegnarsi alla «chiusura della sua maggioranza che lo ha sconfessato».
Visto che l’ordine del giorno della maggioranza è stato approvato e quello della minoranza è stato respinto, per i liguri significa che il piano per abbattere le liste d’attesa può attendere. Che la Regione piuttosto che ammettere di aver sbagliato e di non essere in grado neppure di confermare le scelte fatte, preferisce prendere (o perdere) tempo e ricominciare daccapo.
Un po’ come sulla vicenda dei medici ospedalieri che hanno scelto l’attività intramoenia, cioè il 90 per cento del totale. Da oggi non potranno più ricevere in studio, operare in cliniche private, fare visite a domicilio, pena l’intervento dei Nas e sanzioni che arrivano fino al possibile licenziamento. È scaduto infatti ieri il decreto del ministro della Salute, Livia Turco, che non ha voluto firmare proroghe. Quindi i medici non potranno più fare attività fuori degli ospedali, neppure versando una quota della parcella alle aziende che li hanno assunti. «In un sistema ligure che non è in grado di far fronte a questa emergenza, con l’assenza di strutture all’interno degli ospedali che possano ospitare l’attività dei medici stessi, questo significa far collassare definitivamente le liste d’attesa -incalza ancora Matteo Rosso -. Si tratta dell’ennesima umiliazione per la classe medica.

I sindacati di categoria stanno addirittura ipotizzando una clamorosa protesta, con l’autodenuncia di tutti i medici che per non mandare in tilt la sanità continueranno a operare nei loro studi nonostante siano scaduti i termini del decreto». La palla passa al parlamento, che potrebbe approvare il disegno di legge necessario, ma intanto da oggi i Nas potrebbero anche iniziare i blitz negli studi privati, con la possibilità di apporre i sigilli.

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