Lite per il pellegrinaggio da Togliatti L’ombra di Stalin spacca Bersani & C.

«Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità». Così il 5 marzo del 1953 l’Unità rievocava, il giorno dopo la sua morte, la figura di Giuseppe Stalin, il dittatore sovietico che già il suo successore avrebbe indicato come l’autore di immani crimini. Nelle parole dell'Unità c’è tutto il senso del legame fra Stalin e Palmiro Togliatti, leader dei comunisti italiani che lo piange e lo celebra.
Ieri, il Partito Democratico, ha deciso di commemorare al cimitero del Verano di Roma il quarantaseiesimo anniversario della scomparsa del «Migliore», facendo deporre una corona a un membro della segreteria. Un gesto apparentemente di routine ma che, invece, merita una più attenta lettura. Benedetto Croce, riprendendo l’autorevole interpretazione vichiana, ci ha insegnato che la storia serve a spiegare il presente. I rimandi alla storia sono atti di sostanza perché misurano il retroterra culturale e i valori di riferimento.
Non a caso le prime perplessità le ha espresse un autorevole esponente dello stesso Pd, come Arturo Parisi, ex ministro della Difesa e soprattutto da sempre stretto collaboratore di Romano Prodi. «Perché commemorare Togliatti?», si è domandato, «e nel quarantaseiesimo poi!». Parisi comprende bene che il richiamo a Togliatti significa connettere il Pd di oggi immediatamente al Partito Comunista, alla sua storia e al suo codice genetico. Altro che moderno partito progressista di stampo europeo ispirato alla socialdemocrazia tedesca, a Tony Blair, oppure ad Obama. Legittimo commemorare, per chi appartiene a quella tradizione, Palmiro Togliatti, che resta un personaggio significativo della storia del comunismo mondiale, ma questa scelta appare come un passo indietro rispetto alla nascita del Partito Democratico, soggetto che si auspicava nuovo e ancorato a valori diversi. Del resto uno dei componenti della delegazione che ha deposto la corona, oltre a evocare i meriti di Togliatti nella lotta al nazifascismo, lo ha ricordato per essere stato colui che è riuscito a «trasformare il Pci nel più grande partito comunista di occidente», passaggio che più di ogni altro marca il legame fra Pd e Pci.
La storiografia ha da tempo documentato il ruolo di Togliatti all’interno del Comintern, di fatto la centrale sovietica che dirigeva i partiti comunisti nel mondo, ammantata di fratellanza socialista. In questa veste Palmiro Togliatti fu tra i più stretti collaboratori di Stalin, di cui condivise gran parte delle nefandezze. La sua non fu una semplice partecipazione all’organismo, legata al ruolo di leader del Partito Comunista d’Italia, Togliatti fu componente del plenum, con ruoli decisionali e operativi all’interno del cervello politico dell’organizzazione.
Nella guerra civile spagnola, a cui il comunismo internazionale partecipò attraverso le Brigate Internazionali, a Togliatti fu conferito personalmente da Stalin il ruolo di supervisore politico del Comintern e in questa veste, nella primavera del 1937, non esitò ad eseguire l’ordine di «liquidare» gli anarchici, condannati per eresia e giudicati pericolosi concorrenti dei comunisti nell’ambito della sinistra. Impeccabile burocrate, Togliatti eseguì con efficienza. I regolamenti di conti interni, nella visione staliniana della politica, sono prioritari rispetto alla lotta contro il fascismo, una scelta che anticipa di qualche anno l’eliminazione fisica delle formazioni partigiane monarchiche e cattoliche durante la Resistenza in Italia.
Enzo Biagi nel suo saggio Lubjanka rievoca il cupo clima di terrore che pervadeva l’Hotel Lux, dove vivevano gli alti dirigenti del Comintern, un luogo dove un semplice sospetto poteva spalancare le porte dei gulag. Massimo Caprara, che fu segretario particolare di Togliatti, ha precisato in alcuni libri di memorie i rapporti di fraterna amicizia personale che legarono i due comunisti ben oltre la collaborazione politica. Negli anni di Mosca, Togliatti frequentava anche privatamente Stalin, condividendone spesso cene e vacanze.
Qualche anno fa Piero Fassino, con una certa onestà intellettuale, ammise le responsabilità di Togliatti nel massacro degli alpini in Russia e quelle per i comunisti italiani finiti nelle purghe staliniane. Mentre altre pagine di storia ci hanno raccontato le ambiguità che Togliatti mostrò a proposito della possibilità di liberare Gramsci dal carcere fascista. «La decisione di commemorare Togliatti dimostra una linea di continuità storica del Pd con il vecchio Pci, mi domando se un Fioroni o un Enrico Letta si ritrovano bene in questa posizione», osserva il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri.

Solo Rosy Bindi, forse, potrà ritrovarsi a suo agio negli osanna al «Migliore», Parisi chiede al segretario Bersani un chiarimento, l’imbarazzo dei cattolici è evidente. In un’estate dove i riflettori sono giustamente accesi sulle divisioni del centrodestra, nessuno si era accorso della decomposizione culturale del Pd.

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