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Lombardia addio, le imprese vanno all’estero

Positivo per la capacità delle imprese lombarde di competere sul mercato internazionale. Preoccupante perché la spinta a produrre all’estero è sempre più forte, le motivazioni sono legate all’alto costo della manodopera e dell’energia, e sono ritenuti concorrenziali la Cina (che ha avuto una vera impennata diventando il primo Paese per investimenti diretti all’estero) ma anche Francia, Germania e Spagna. Ecco perché il segnale è ritenuto anche «un campanello d’allarme sulla competitività dell’Italia» dalla Confindustria Lombardia, che ne ha discusso durante un convegno a Monza dal titolo «Internazionalizzazione: una leva per lo sviluppo delle imprese lombarde», promosso insieme a Intesa Sanpaolo. Sono invece ben valutati altri importanti segnali di rafforzamento: il 47% delle aziende opera all’estero da oltre 20 anni; negli ultimi 10 anni si è affacciato all’estero il 24% delle aziende; nel 2006 l’export ha inciso sul fatturato del 36,6% e nel 2007 è prevista una crescita fino al 38,3%.
Il primo dato che balza agli occhi è che il 100 per cento delle imprese intervistate opera all’estero. Tramite attività di import-export o direttamente con punti di vendita o, appunto, di produzione. La presenza all’estero finalizzata alla produzione vede in testa Francia e Cina con una percentuale uguale del 15,8%. Seguono Spagna, Germania e Stati Uniti. Le motivazioni dei trasferimenti di produzione all’estero stupiscono. Negli anni scorsi era soprattutto l’alto costo dell’energia la ragione che spingeva gli imprenditori a delocalizzare. Nell’indagine del 2007, invece, è balzato prepotentemente in prima posizione la disponibilità di manodopera a basso costo (50,4% delle imprese). Rimane pesante anche l’influenza della minore pressione fiscale che si trova all’estero (14%).
Il presidente degli industriali lombardi, Giuseppe Fontana, fa un commento in chiaroscuro: «C’è una perdita di competitività dell’Italia percepita dalle imprese e questo non può che essere un campanello d’allarme. D’altra parte le ragioni dell’internazionalizzazione delle imprese lombarde vanno ricercate soprattutto altrove e cioè nella loro capacità di cogliere le opportunità di un mercato globale, anche quelle offerte da costi della manodopera inferiori».
A preoccupare gli osservatori è anche l’impatto che la scelta di produrre all’estero ha sull’occupazione. Il 17 per cento delle imprese, infatti, dichiara di aver ridotto il personale in Italia e il 10 per cento addirittura di aver chiuso unità produttive italiane.

A fronte di questi elementi negativi ce n’è però uno molto positivo e cioè che per il 17,1 per cento delle imprese lo spostamento all’estero di alcune produzioni ha consentito di accrescere il contenuto tecnologico di quelle in Italia.

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