da Milano
La Lombardia stanzia fondi per prevenire gli aborti volontari e detta nuovi limiti allaborto terapeutico, che non sarà più possibile oltre la ventiduesima settimana (più tre giorni) di gravidanza. Viene anche istituito un Registro regionale degli aborti terapeutici, che (senza fare menzione dellidentità della donna) metterà a confronto la diagnosi prenatale con lautopsia del feto abortito. Inoltre sarà unéquipe di specialisti (e non un singolo medico), con la consulenza di uno psicologo o psichiatra, ad accertare i gravi pericoli per la salute fisica o psichica della donna che rendono praticabile laborto dopo i primi novanta giorni di gravidanza.
Le linee di indirizzo della Regione Lombardia per lattuazione della 194 (la legge che regola linterruzione volontaria della gravidanza) introducono numerose altre procedure che medici e ospedali dovranno seguire. I certificati medici (redatti da almeno due ginecologi) faranno poi parte di una cartella clinica inviata alla Direzione sanitaria. Viene inoltre meglio specificata la procedura durgenza: la motivazione dovrà essere riportata in chiaro sul certificato. La legge 194 prescrive infatti sette giorni di riflessione tra la richiesta di interruzione volontaria della gravidanza da parte della donna e la programmazione dellintervento.
Soddisfatto Roberto Formigoni, che nei mesi scorsi aveva anticipato lintenzione di mettere nero su bianco le linee guida della 194. «Non è una sfida al ministro della Salute, Livia Turco. È vero che la Lombardia prende una decisione mai presa prima ma ci auguriamo che altre Regioni ci guardino in casa e ci imitino. Non sono limiti restrittivi, ma sostegni affinché la libertà della donna non diventi solitudine e abbandono» spiega il governatore, aggiungendo di essere «favorevole alla moratoria sullaborto proposta da Giuliano Ferrara». La giunta regionale ha stanziato altri 8 milioni di euro (che diventano così 64) a sostegno dellattività dei consultori familiari. Come obiettivo «sostenere la maternità e in particolar modo le situazioni più fragili e vulnerabili», «che riguardano le donne che non riescono a far fronte alla nascita di un figlio».
La risposta della Turco (sia pure indiretta) arriva attraverso un comunicato del gruppo di esperti riuniti dal ministro proprio sul tema di «cure e assistenza appropriate dalla ventiduesima alla venticinquesima settimana di gravidanza». Le conclusioni del team sono diverse da quelle della Regione Lombardia, dal momento che a proposito della ventiduesima settimana di gestazione si legge che «al neonato devono essere offerte solo le cure compassionevoli salvo quei casi, del tutto eccezionali, che mostrassero capacità vitali».
Posizioni molto diverse da quelle di chi, in Lombardia, ritiene che la ventiduesima settimana sia il limite in cui scientificamente ci si può aspettare la sopravvivenza autonoma del bimbo. E infatti gli ospedali Mangiagalli e San Paolo di Milano si sono già autoregolamentati secondo le linee guida dettate oggi dalla Regione. E Alessandra Kustermann, responsabile del servizio diagnosi neonatale della Mangiagalli (e animatrice dei circoli pro Veltroni) va oltre: «Se i progressi scientifici accerteranno una possibilità di vita autonoma ancora prima, abbasseremo il termine a 21 settimane. Nel 1978, quando è stata scritta la 194, non vi era alcuna possibilità di sopravvivenza fuori dallutero materno prima della venticinquesima settimana». Altrettanto esplicito sulla possibilità di aggiornare la 194, parlando con Il Giornale, è stato il veltroniano Giorgio Tonini, senatore cattolico del Pd: «Condivido quanto dice Bagnasco. La medicina progredisce e si può cercare consenso seguendo la strada dellospedale Mangiagalli che ha escluso laborto terapeutico dopo 22 settimane. Una scelta condivisibile».
Non mancano però le polemiche. Silvio Viale, il ginecologo ed esponente radicale che lavora allospedale SantAnna di Torino definisce il provvedimento della Lombardia «inutile, tutto politico e con lunico obiettivo di intimidire i medici non obiettori».
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