A TUTTI I COSTI. Gli operai Fiat di Termini Imerese, nel giorno del debutto della Nazionale, si sono addirittura inventati uno sciopero per protestare contro la mancata installazione di un maxi-schermo per vedere le partite. Milioni di italiani cambiano i turni e non prendono impegni per tifare gli Azzurri. Ma cosa fa un carcerato condannato all'isolamento quando gioca l'Italia? Semplice, presenta un'istanza per ottenere la revoca del provvedimento restrittivo per il tempo necessario a seguire il match.
OMICIDA E TIFOSO. Accade questo nell'Italia pallonara in cui la giustizia è meno attendibile della nostra tattica del fuorigioco. Accade in particolare a Roma, dove il 54enne trapanese Bruno C., in attesa di giudizio a Regina Coeli con l'accusa di omicidio, ha dato inizio alla sua personale crociata. Ha dato così mandato ai suoi due legali di presentare istanza al magistrato di sorveglianza per poter seguire le prossime partite dell'Italia insieme con gli altri detenuti.
RIEDUCAZIONE. Il tasto su cui i due avvocati battono, ovviamente, è quello della «funzione rieducativa» del carcere: «Il sano spirito di appartenenza nazionale che si manifesta durante i Mondiali - scrivono con sfoggio mirabile di ars oratoria i due legali - rappresenta per i soggetti che hanno violato la legge un "collagene" importante per ristabilire un legame morale ed etico con il tessuto sociale del proprio Paese».
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