
Ma chi se l'aspettava un concerto del genere, così sofisticato e così elegante, proprio mentre il pop tende alla ripetitività e si incaglia sempre più spesso nel prevedibile. Stadio Maradona, quarantacinquemila e 500 spettatori, giovedì sera 26 maggio Marco Mengoni ha passato un altro esame, forse quello più doloroso a neanche un anno dalla morte di sua mamma, "la persona più importante della mia vita", come spiegherà dopo nei camerini trattenendo il fiato per un istante.
C'è una sorta di diario aperto in queste oltre due ore e mezza di spettacolo, una sorta di palinsesto personale che però diventa paradigma della vita, della realtà, e quindi intercetta ciascuno di noi diventando specchio del mondo che abbiamo intorno. È pop, d'accordo, ma è narrativo, mai saccente, non è un comizio e, soprattutto, non lascia quasi mai spazio alla retorica un tanto al chilo, quella che fa scattare gli applausi ma poi si ferma lì.
Non a caso la struttura dello show riprende, con un pizzico di presunzione, quella vicina alla tragedia greca, con un Prologo ("Da che il mondo è il mondo gli esseri umani provano a comprendere ciò che li circonda"), il Parodo, gli Stasimi, l'Esodo e la Catarsi, tutti distesi da scenografia e coreografia mai invadenti nonostante tredici musicisti e dieci performer, spettacolari il giusto ma complici quanto basta con Marco Mengoni per rendere lo spettacolo omogeneo, fluido, forse un po' troppo lungo ma alla fine necessario. C'è lui, il protagonista, e c'è il deuteragonista, che sono i dieci ballerini stupendamente vestiti e svestiti, e insieme passano dai tormenti iniziali alla liberazione finale che è Io ti aspetto (dal disco Parole in circolo del 2015) che rappresenta la consapevolezza raggiunta e l'apertura al futuro. Il palco fotografa man mano il momento, e difatti all'inizio c'è un cumulo di macerie, c'è una Ti ho voluto bene veramente che chiarisce subito come anche la voce di Mengoni si sia tinta di consapevolezza, è persino più larga e potente. "Questa mia opera parla di questi mesi di riassestamento" ha detto lui che, proprio come capita quando si riparte daccapo, ha riarrangiato tutti i brani che si mostrano talvolta a metà, talvolta quasi spizzicati ("Sono fintamente 34 canzoni perché alcune sono tagliate, ci sono riferimenti anche a Battisti e Soundgarden") e che subito all'inizio affiancano le due anime di un ragazzo di 36 anni che sa voler "bene veramente" ma è pure un Guerriero in missione per conto dei propri sogni. Ed è bello, a tratti curioso, vedere come il pubblico, il suo pubblico che lo segue con un calore raro, sia all'inizio quasi disorientato dalla maestosità imprevedibile delle scene ma poi si lasci andare e abbracci questo nuovo Mengoni al punto che lui a un certo punto in napoletano riassume che "facit nu burdell", fate un casino esagerato, mentre parte l'ovazione. E anche lui, il protagonista, dicendolo pensa che sì, questo spettacolo sta raggiungendo l'obiettivo. Avrebbe potuto fare un concerto di grandi successi, una sorta di greatest hits dal vivo, oppure, come spiega, "una specie di Pavarotti & Friends invitando tanti ospiti a ogni concerti" e invece ha raccontato una storia che, da Cambia un uomo ("Dimmi di riprovare ma non di rinunciare, solo nel perdono cambia un uomo"), passa per Due vite, L'essenziale (strepitosa), Non sono questo e Incenso.
C'è un delicato equilibrio anche nella scelta degli abiti, selezionati con l'aiuto dello stylist Nick Cerioni, che vestono non solo il protagonista ma pure la storia, compresi i corpetti che hanno scatenato la cattiveria social (ma non solo). "Le mie parole non fermeranno il giudizio delle persone", dice lui rassegnato ma non ferito perché "questi non sono costumi di scena, io mi piaccio proprio così". Poi dice che "sono contento che ci sia aperto un dibattito su questo" e poi dà la misura del nuovo Mengoni: "Ho capito che la vita è una sola e, se ce ne fosse un'altra, la vivrei allo stesso modo". Anche il riferimento, inevitabile, alle guerre in corso non è stucchevole. Mengoni ha, sì, sulla spalla sinistra la bandiera della Palestina (nel Parodo diceva "che cosa può smuovere le nostre coscienze se lasciamo morire gli innocenti senza dire una parola"?) ma il riferimento è generale, alla "roba orribile" che insanguina ormai mezzo mondo, sperando che l'urlo arrivi anche "alle teste di c..." che decidono di farle, le guerre.
Insomma, è calibratissimo, mai visto un Mengoni così a fuoco e non è un caso che i biglietti venduti per queste dodici date negli stadi siano oltre mezzo milione e si aggiungano nuovi concerti nei palazzetti tra ottobre e novembre oltre a un tour europeo a novembre e dicembre.
Intanto lui si prende questa estate con lo spettacolo più sorprendente visto finora (a un certo punto vola persino), una sorta di opera pop che finisce con la purificazione, la catarsi di Pazza musica, Ma stasera, Pronto a correre, prima dei bis con la nuova Sto bene
al mare e la superlativa Esseri umani che lascia il Maradona in festa e conferma che basta volerlo, se si ha il talento, basta provare a mettersi in gioco per fare qualcosa di più senza rimanere ingessati nel prevedibile.