Il loro rock non tradisce Ma i concerti al cinema fanno male al botteghino

Martin Scorsese non replica i fasti del classico «The Last Waltz». Meglio le sue storie tra biografia e fantasia come «Feel Like Goin’ Home» sui suoni neri del Mississippi

Qual è la differenza tra un concerto dei Rolling Stones e un film-concerto sulla storica band? Che dal vivo ci sono centinaia di migliaia di persone, si fanno code bibliche per entrare e spesso non si vede nulla e si sente ancor meno; al cinema invece non c’è un cane o quasi e ci si gode la musica in dolby stereo comodamente seduti. È un commento scherzoso ma non troppo a Shine a Light, la pellicola di Martin Scorsese, che ha filmato due spettacoli newyorchesi del 2006 di Jagger e soci. Shine a Light non è esploso come previsto - non ha fatto impazzire nemmeno Jagger - eppure Scorsese ci ha messo tutta la sua esperienza e la passione di fan. Cioè, contrariamente al solito, ha messo poco di suo; 16 telecamere che senza trucco e senza inganno riprendono il volto tartarugato dai mille stravizi di Keith Richards, le velleità sexy di Jagger (lasciando in secondo piano, come semplici gregari che fanno capolino ogni tanto, il fantasioso posthippie Ronnie Wood e Charlie Watts che con il suo crine bianco dimostra tutti i suoi anni)e soprattutto fanno vibrare le loro immortali canzoni, da Satisfaction a Start Me Up, da Jumpin Jack Flesh ai duetti con Buddy Guy e Cristina Aguilera.
C’è l’amore e il rispetto di un regista che ha costruito film come Mean Streets sui loro brani e che, nelle sue parole, «ha sempre sognato di cogliere la loro energia miracolosa con una cinepresa». Non è Sympathy For the Devil, il film surreale che Godard ha dedicato all’incisione dell’album Beggar’s Banquet. Qui c’è solo la musica (grande come sempre), qualche intervista (a loro in varie epoche, ai Clinton ecc) e un po’ di backstage... Ma probabilmente, nonostante l’assunto scherzoso dell’inizio, i concerti al cinema non funzionano più. Andavano bene ai tempi di Woodstock (film interminabile ma ancora un classico) o di Last Waltz, in cui lo stesso Scorsese sottolineava con eleganza lo spettacolo d’addio di The Band con ospiti come Dylan, Van Morrison, Neil Young. Lui, il regista, è coraggioso e conosce la materia come pochi; ha girato Feel Like Goin’ Home, suggestivo documentario sulle radici del blues; ha confezionato in splendido bianco e nero No Direction Home catturando l’anima di Bob Dylan; ha prodotto A Soul of a Man di Wim Wenders che racconta le storie di musicisti «perdenti» come Skip James, l’evangelista cieco Blind Willie Johnson, il bluesman protestatario J.B.Lenoir. Questi personaggi (Dylan a parte) cosiddetti minori, giocati tra realtà e fantasia, tra documentario e finzione, hanno fatto qualità e cassetta.

«Nella mia testa il film sui Rolling Stones l’ho girato quarant’anni fa», ha detto Scorsese al festival di Berlino. Ma esce ora, e anche le «legioni» di fan della band sono sempre più esigenti e disincantate. Soprattutto - lamenta qualcuno da un’altra prospettiva - nel film non c’è assolutamente nulla di nuovo, anzi.

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