Loro spezzatino, noi agnello sacrificale

Nella giornata spezzatino il Torello si guadagna la portata di agnello sacrificale. Oh, intendiamoci: meglio finire bolliti che arrostiti come la porchetta del Grande fratello con tanto di limone in bocca e bastoncino di rosmarino nel millirighi (come dicono, mi dicono, a Genova). Eppur quasi nulla si muove nello stagno puzzolente dei bassifondi, e prendiamola come una bella non notizia, anche se vedere il Chievo impartire una lezione di calcio a quelli là mi rinfocola il bruciore. Cominciamo con gli insulti: qualche graziosa contumelia di carta al cialtrone numero 30 con la giacchetta nera, che non ha visto il rigore netto su Ventola, poco furbo nello stramazzare al suolo stile Tania Cagnotto dal trampolino; solito pensiero maligno alla solita sfiga che ha fatto schiantare sul palo l’unico tiro decente in porta, che dall’emiparesi pietrificante al lato sinistro mi devo ancora riprendere; altra raffica di vaffa ai profeti di sciagura che mi circondano di «il campionato è lungo bla bla bla», «quelli sono a -2 e bla bla bla», «ci sono ancora 8 partite e bla bla bla». Se non possiamo prendercela con la Storia, prendiamola con Filosofia. Vivamus atque tifamus, viviamo e tifiamo.

Pensierino della sera a Camolese: quando t’hanno cacciato con l’Empoli mi son detto «siamo alle solite», mo’ che ti hanno ripescato (nonostante i miei appelli a salvare la panca di GbD e WAN) mi cucio la bocca e aspetto. So, tutti sappiamo, di cosa sei stato capace. Non ci deludere, almeno tu nell’universo.

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