Il Secolo d’Italia ,quotidiano particolarmente«vicino» al presidente della Camera Gianfranco Fini, ha ammonito ieri sulle pesanti conseguenze che la raccolta di firme del Giornale contro Roberto Saviano potrebbe avere. E ricorda il tragico precedente dell’appello sulle pagine di Lotta Continua con cui 800 intellettuali italiani nel 1971 attaccarono Luigi Calabresi. Il commissario fu ucciso l’anno dopo.«Non furono pochi degli 800 firmatari, fra cui molti illustrissimi nomi della cultura, che videro un nesso di causa effetto fra quelle loro firme e il delitto che si consumò»,si legge nell’articolosul Secolo firmato da Miro Renzaglia. Che sottolinea - collegando non si capisce come e perché il caso Calabresi al caso Saviano-«Qui non è in gioco solo la reputazione letteraria o l’opinione politica di uno scrittore: qui a ballare è la vita di una persona».
Confondendo (strumentalmente o per ignoranza?) un vero e proprio manifesto tipo Wanted quale fu l’appello del giornale Lotta Continua , mandante morale dell’assassinio non mediatico ma fisico del commissario Calabresi, oggetto di pesantissimi attacchi e definito «torturatore» e «responsabile della fine di Pinelli», con una raccolta firme di lettori indignati per i giudizi sommari e generici scagliati dallo scrittore sui rapporti al Nord tra la Lega e la mafia,e sull’uso politico di una trasmissione televisiva che avrebbe dovuto essere solo«culturale».Solo dei giornalisti accecati dall’odio ideologico possono leggere nell’appello del Giornale un «mandato» ad aggredire Saviano. Per il Secolo , contro il Giornale , è una «lotta continua».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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