«I m’ha cavaat anca li mudandi,però i ga fàtfora Piaseensa!».Hai un bel dire che il Paese è chiamato ai sacrifici ed è furioso. Poi senti un cremonese fare spallucce davanti all’aumento delle tasse che lo lascia in mutande ed esultare per l’abolizione dell’odiata Provincia transpadana di Piacenza e improvvisamente ti chiedi: di che Paese stiamo parlando?
Già, perché il funerale delle Province secondo criteri di popolosità e superficie mette a nudo tutte le divisioni d’Italia ben più della Lega.Una trentina di sacrifici sull’altare del risparmio destinati a riscrivere la geografia patria per l’ennesima volta. E a riattizzare diatribe da Strapaese tra vicini di casa, in un torneo nazionale di sfottò, rancori storici e rivalità sportivo-culturali.
Detto di Piacenza, in questi giorni sono molti gli italiani che sbirciano la lista delle Province a rischio in cerca dei vicini nemici di sempre. Ci sono i biellesi, la cui delusione per il «declassamento» viene subito mitigata dall’abolizione di Vercelli, Provincia «matrigna» da cui Biella si separò negli anni Novanta. Montanari tutti opificio e impresa contro «mangiarane» tutti riso e uffici pubblici. È l’Italia dei Comuni con otto secoli in ritardo, su cui si sono depositate infinite beghe sociali. Come succede nel Polesine, dove ad esultare per l’abolizione di Rovigo sono sia Padova sia Ferrara, altezzose sedi universitarie che trattano i campagnoli rovigotti con snobismo. E pazienza se zanzare e nebbia non conoscono confini. È il tifo contro, è il secessionismo da condomino, è la Schadenfreude tedesca: il piacere per le piccole sfortune altrui.
A terremotare i campanilismi, però, non sono soltanto i pregiudizi da curva calcistica. Il federalismo dell’anima di ogni singola comunità affonda le radici nella storia. Che dire di Trieste e Gorizia, le Province giuliane che andrebbero cancellate: annetterle al Friuli con rischio concreto di sommossa post-irredentista? Che dire della ventilata abolizione di Siena e delle speranze dei fiorentini, che dalla battaglia di Montaperti alle dispute sul Chianti non hanno mai smesso di litigare con la città del Palio? È la storia italiana, bellezza. Storia di divisioni e diffidenze nonostante i bei proclami del 150esimo dell’Unità.
E poi, chi deciderà gli accorpamenti delle Province? In Liguria ne «saltano» tre su quattro. Che fare? Ricreare un’unica Genova Superba o dar vita alla Saveria a Ponente e alla Genovezia a Levante? La fantasia si sfoga, le paure serpeggiano. Ad Alba brindano a Barbaresco per l’abolizione di Asti, e tanti saluti al moscato. A Benevento tifano per la Provincia Irpina.A Massa Carrara c’è chi spera in una Provincia Apuana con Lucca. È il ribaltone delle nozioni scolastiche e delle targhe automobilistiche.
C’è poi chi protesta per la sopravvivenza dei vicini. Chiedetelo ai baresi, che pregavano San Nicola per l’annientamento della Bat-Provincia dei parvenu di Barletta- Andria-Trani. Chiedetelo ai reggini che speravano di vincere definitivamente la guerra per il capoluogo di Regione facendo sparire Catanzaro. Chiedetelo ai galluresi che danno degli impiccababbos ai sassaresi, ai reggiani che allo stadio negli anni Ottanta dopo il raid americano su Tripoli esponevano lo striscione «Grazie Reagan, bombardaci Parma». E chiedetelo pure ai Comuni che per un naviglio o un colle si odiano da generazioni. Come i borghi imperiesi di Oneglia e Porto Maurizio, uno savoiardo e uno genovese; come Altamura, città federiciana, e Gravina di Puglia, sede vescovile; come le romagnole Alfonsine e Fusignano,che dagli anni ’50 si disprezzano per questioni di argini; come Lanusei e Tortolì, che si sono scannate per diventare capoluogo della Provincia di Ogliastra, ennesimo regno destinato a scomparire.
Insomma, dai medievali Ducati di Guastalla e Gonzaga alle Province, la filosofia è sempre la stessa: abolite il mio
vicino. E se proprio non ci credete, raccontate ai livornesi che il governo ha cancellato la Provincia di Pisa. Saranno pure comunisti, ma per un provvedimento del genere sarebbero capaci di votare pure Berlusconi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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