Luca, il bimbo conteso fra due Paesi

Da Milano a Parigi, un calvario di sette anni. Il tribunale lo ha tolto ai genitori ma la madre lo ha portato via

(...) alla mamma, ora al papà. Facile ironizzare sui bimbi pacco spediti avanti e indietro. La soluzione, in fondo a quell’intreccio di sentimenti e affetti, non è facile. Luca nasce nel 2001 e paradossalmente i primi anni sono i più tranquilli. Forse i migliori. Il motivo è molto semplice: i genitori, che non si sono sposati, lavorano in quel periodo a Milano, e hanno poco tempo per lui. Dunque lo lasciano ai nonni paterni in Calabria. Certo, si può criticare una scelta del genere, ma questa è la realtà: Luca trascorre un lungo periodo senza problemi. Anzi, i nonni lo colmano di attenzioni, lo educano, lo mettono in contatto con altri piccoli. Luca cresce sereno, come può esserlo senza papà e mamma. Ma il peggio purtroppo deve ancora arrivare.
La coppia si sfascia, la mamma corre in Calabria e recupera Luca. Il 18 gennaio 2005 il tribunale per i minori di Catanzaro ratifica il fatto compiuto: in quel clima di lacerazione, il bene per Luca è seguire la mamma. Lei torna a Milano con il figlio, il padre intanto ha fatto modificare le serrature di casa, l’ingresso è sbarrato. La donna, Luca e la sorellastra, nata da una precedente relazione, vagano per la città. Ora sono i giudici di Milano a cercare di mettere ordine: ingiungono al padre di aprire le porte dell’abitazione al resto della famiglia, anche se ormai il nucleo si è spaccato. Poi dosano col contagocce gli incontri fra il bambino e il papà, stabilendo che debbano avvenire in territorio neutro: sotto il controllo degli assistenti sociali.
La situazione, se possibile, peggiora. I genitori si rinfacciano responsabilità, colpe, minacce. Diventa difficile seguire la scala a chiocciola dei ricorsi, delle accuse reciproche, dei sentimenti obliqui. Sulla coppia però si abbatte come un fulmine la perizia affidata a due psicologi. Il verdetto è disarmante e affonda, anche se con modalità assai diverse, tutti e due i punti di riferimento del bambino. Un puntino nel mare della solitudine. Assai pesante la diagnosi relativa alla madre: si parla di un «grave disturbo narcisistico» e si aggiunge che il rapporto col figlio più che a far crescere in modo armonico il piccolo è la valvola di sfogo di quella personalità distorta. Per quel che riguarda il padre la fotografia scattata è impietosa: è un uomo «fragile e totalmente sottomesso».
Il tribunale per i minori di Milano legge e agisce di conseguenza. Il bambino viene affidato al Comune di Milano con l’idea di trasferirlo in comunità. Una soluzione drastica, ma virtuale: una manciata di giorni prima dell’esecuzione del decreto, la donna vola a Parigi. È il 29 luglio 2005 e Luca comincia una nuova vita. Dopo Catanzaro e Milano, eccolo alla terza tappa della sua sballottata esistenza. La magistratura però non accetta la soluzione. Comincia una laboriosa trattativa con i giudici francesi. Alla fine, la decisione che impone un nuovo trasloco, un nuovo ambiente e un nuovo «fuso orario» nella testa di Luca: l’8 novembre 2007 sale sull’aereo con la mamma e torna a Milano. Andrà a stare con papà che, passo dopo passo, è riuscito a capovolgere la situazione. La signora però non digerisce il cambiamento. «Luca stava malissimo, a Milano sarebbe morto», spiega al Giornale con le lacrime agli occhi. Il 24 novembre, approfittando di una visita, prende Luca e scappa a Parigi. Luca è una pianta che viene sradicata di continuo. Non è finita.


Dal nastro dei provvedimenti, emerge un’altra volta la destinazione Milano. Il 28 marzo Luca sale con papà e mamma sull’aereo: questa volta atterra a Linate. Il padre mostra il telefonino, quella sequenza di note allegre, poi pronuncia poche parole: «Questo sarebbe un bambino infelice?».

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