«Luciani mi è riuscito bene perché l’ho amato tanto»

Neri Marcorè, dopo il successo della fiction, torna a teatro. «A gennaio dalla Dandini forse rifaccio l’imitazione di Fassino»

Laura Rio

da Milano

L’altra sera dieci milioni di spettatori commossi l’hanno visto morire d’attacco di cuore nei panni di Papa Luciani. Lui, Neri Marcorè, ieri non si dato a tante feste, ma si è diretto verso Tortona dove era in scena con il suo spettacolo teatrale La lunga notte del dottor Galvan, tratto da Pennac, che da martedì arriverà a Milano.
Allora, Marcorè, mantiene l’umiltà celestiale di Papa Luciani anche di fronte a questi numeri: 10 milioni 240mila spettatori e il 37,83% di share, primo grande successo di stagione di Raiuno?
«Non voglio certo sminuire il risultato, ma si sa che il bacino d’utenza di questo tipo di fiction è molto alta. Un ascolto forte era scontato, così alto è una gratificazione, soprattutto per tutti quelli che ci hanno lavorato. Il successo deriva anche dal fatto che era un papa molto amato, che è riuscito a darci un grande esempio di forza e semplicità».
Amato molto anche da lei...
«Avevo dodici anni quando è stato eletto, mi è rimasto sempre nel cuore, più degli altri pontefici che l’hanno seguito. Anzi, penso che se lui avesse continuato nella sua opera sarebbe riuscito a rendere la Chiesa più aperta e vicino alla gente portando messaggi rivoluzionari, come dimostra il suo pensiero sul controllo delle nascite».
I parenti più vicini a Luciani, come la nipote Pia, non si sono riconosciuti nell’interpretazione né nella ricostruzione degli ultimi giorni di vita...
«Mi spiace. Ma devo dire che non ci siamo risparmiati nel cercare di capirlo e renderlo al meglio. Io sono stato nei luoghi dove lui ha operato, ho parlato con don Francesco Taffarel che era suo aiutante a Vittorio Veneto quando lui era vescovo e monsignor Giorgio Lise, direttore del centro a lui dedicato. Avrei parlato volentieri anche con la nipote se qualcuno mi ci avesse indirizzato. Certo, magari, qualche sfumatura è stata accentuata e qualche episodio modificato, ma è normale per uno sceneggiato che deve arrivare a milioni di persone. Nella sostanza comunque non penso che la fiction abbia tradito la verità dei fatti. Del resto io non sono Albino Luciani, e ne ho fatto una interpretazione che si riassume così: dolcezza nella fermezza».
Il consigliere Rai Curzi ha detto che la fiction andava valorizzata e accompagnata da un dibattito...
«Penso abbia ragione. C’era sostanza per continuare a parlare. Curzi ne ha fatto un esempio di tv di qualità: la gente sa distinguere, ne è prova il progressivo abbandono d’ascolto dei reality».
Aldo Grasso ha scritto che lei è sembrato un incrocio tra Forrest Gump e Maurizio Gasparri.
«Opinioni personali su cui non mi trovo per nulla d’accordo».
Passa con disinvoltura da ruoli drammatici a comici. Da martedì al Ciak di Milano si ributta nel surreale ruolo del Dottor Galvan tratto da un racconto di Pennac..
«È uno spettacolo del teatro Archivolto di Genova che già avevamo portato in giro con successo lo scorso anno. Lo stesso Pennac non scommetteva sulla buona riuscita teatrale, poi si è ricreduto».
Baciami piccina, il film ancora nella sale ambientato nei giorni dell’armistizio, non ha dato grandissimi riscontri..
«È un film onesto e di cui vado fiero, che come molti altri viene stritolato dalla valanga di pellicole di cassetta. Penso che nel passaggio televisivo sarà rivalutato».
Intanto in Tv continua con Per pugno di libri su Raitre. E a gennaio tornerà con la Dandini in Parla con me.

Rifarà l’imitazione di Fassino?
«Perché no? Anzi penso ci siano più spunti ora dell’anno scorso quando scoppiò la polemica e ci accusarono ingiustamente di esserci censurati. La satira si rivolge ovviamente più verso chi è al potere in quel momento... ».

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