Lucy non doveva nascere: è diventata uno spettacolo

È la storia di una nascita. Quindi una storia di Natale. «Questa bimba è un miracolo della natura», dice la mamma di Lucy. Lo penso anch’io, dopo averla vista camminare, gattonare, giocare, sorridere, salutare, imitare «la nonna di Titti» con smorfie da attrice consumata e mandare bacini soffiando sul palmo della mano. Sì, è davvero un caso unico al mondo, Lucy, che non doveva nemmeno nascere ed invece è nata il 7 luglio 2009, figlia di Anna Benedetti e Gianluca Anselmi, 39 e 42 anni, affetta dalle sindromi di Dandy-Walker e di Down, una rarissima combinazione su cui non esiste letteratura scientifica, a parte il caso di un bimbo israeliano che nel 1989 tentarono invano di salvare in Germania.
Già da sola la trisomia 21 è un grave handicap. Ma la malformazione congenita descritta per la prima volta nel secolo scorso dai neurochirurghi americani Walter Edward Dandy e Arthur Earl Walker è anche peggio: a chi ne è portatore manca una parte del cervelletto, quello che gli anatomisti medievali chiamavano l’arbor vitae, l’albero della vita, cioè la porzione di encefalo che controlla la precisione dei movimenti volontari degli arti e degli occhi, il tono muscolare, l’equilibrio, la postura, la motilità viscerale, gli impulsi inibitori, l’azione eccitatoria, i processi cognitivi, il linguaggio. Il quarto ventricolo, una delle cavità del cervello contenenti il liquido cerebrospinale, risulta allargato. I sintomi principali sono ritardo dello sviluppo, aumento della circonferenza cranica e della pressione intracranica, mancanza di coordinamento, comparsa di idrocefalo.
Pur privo di radici, l’arbor vitae di Lucy s’è avvinghiato alla terra con un vigore strabiliante dopo che mamma e papà avevano deciso di lasciarlo crescere, rifiutando un aborto. Tre interventi chirurgici in tre mesi stroncherebbero chiunque. Ma non Lucy, che li ha sopportati e superati addirittura nei primi 90 giorni di vita. Uno l’8 luglio 2009, ad appena 24 ore dalla nascita, quando i medici le hanno diagnosticato un’atresia esofagea: in pratica lo stomaco era staccato dall’esofago. Un altro il 12 settembre per un idrocefalo ostruttivo che ha costretto i chirurghi a inserirle nel corpo una derivazione ventricolo-peritoneale che drena dal cervello all’addome l’eccesso di liquor. Un altro ancora il 2 ottobre per un Div, difetto interventricolare, un’ulteriore malformazione congenita consistente in un foro nel setto che separa i ventricoli destro e sinistro del cuore.
Dall’ultima operazione, tecnicamente riuscita, pareva che Lucy non dovesse più riprendersi. S’era infatti resa necessaria una pericardiocentesi per aspirare una raccolta di liquido formatasi intorno al muscolo cardiaco, ma qualcosa è andato storto. È subentrata un’emorragia imponente, con crollo della pressione arteriosa. La neonata è stata trasferita in terapia intensiva e sottoposta a trasfusioni di sangue. Nei 25 giorni trascorsi fra la vita e la morte, Lucy s’è aggrappata ancora una volta con tutte le sue forze alla prima e con altrettanta energia ha dato un calcio in culo alla seconda, tanto da far dubitare che questa bimba sia soltanto un miracolo della natura.
Da una simile sequela di disgrazie qualunque coppia sarebbe uscita stremata, svuotata, distrutta. Non Anna e Gianluca, che si sono anzi riscoperti così saldi e così uniti da trasformare il loro dramma in un videoconcerto, Il mondo di Lucy, che va in scena senza far pagare il biglietto e ha già commosso le platee a Roma, Torino, Milano, Verona, Sondrio, Cuneo, Padova, Trento, Rimini, Monza, Udine e in decine di paesi della provincia. Sono stati chiamati a tenere quattro recite anche a Medjugorje. Il loro giro d’Italia non conosce soste: due appuntamenti questo mese, quattro a gennaio, sei a febbraio, altri sei a marzo. Il sito di Lucy riceve 40.000 visite l’anno di internauti che lasciano post, disegni, poesie, foto. C’è gente che scrive dalla Gran Bretagna e persino dall’India o spedisce per posta biglietti d’auguri e peluche. Da Israele una signora ha mandato le preghiere per Lucy in ebraico. Il Gen Verde, il gruppo formato da 20 componenti di 12 nazioni che da 45 anni porta in giro per il mondo il messaggio del Movimento dei focolari, ha inserito la storia in uno dei suoi musical, due minuti appena, però sufficienti a costruire un parallelo fra la mamma di Lucy e Madre Teresa di Calcutta, «ma non diciamolo neanche per scherzo!», si schermisce Anna, che tuttavia è molto felice perché una donna incinta, dopo un concerto in Portogallo, ha voluto informare gli organizzatori d’aver rinunciato ad abortire.
Nel Mondo di Lucy, un diario di 55 minuti sotto forma di musiche, filmati e immagini, a partire dalla prima ecografia eseguita al quinto mese di gravidanza che cambiò per sempre le loro vite, i due genitori, abitanti a Verona, hanno trasfuso tutta la loro arte. Gianluca, vincitore nel 1994 a Tokyo del concorso Yamaha per nuovi talenti, è musicista, compositore e arrangiatore. Ha suonato alla presentazione del film Fragile, alla Mostra del cinema di Venezia nel 2005, e poi ha cenato con la protagonista Calista Flockhart e suo marito Harrison Ford. Lo stesso ha fatto per Cinderella Man del regista Ron Howard. Ha scritto i jingle degli spot televisivi per la Barbie della Mattel e per la Princess della Disney e anche per Gardaland, Trentingrana, Ducati, Vespa 125, Dainese, Io donna. Sua moglie, autrice, cantante e percussionista, ha firmato i brani The Whip e Duel, inseriti nelle compilation di Striscia la notizia. Lavorano nello stesso studio. È Anna che fischietta in sottofondo mentre Giovanni Rana esalta le virtù delle sue galline allevate a terra nello spot della Sfogliagrezza, dove ogni ingrediente indossa gli occhiali del re dei tortellini. Ed è la stessa Anna che quel 4 marzo 2009, subito dopo il tragico verdetto dell’ecografista, scrisse Non fa paura che ora canta con voce solare nel recital: «Ma noi non possiamo scegliere per lei, / è più forte il grido che sento dentro me. / Lei vivrà».
Partiamo da quel giorno.
Gianluca: «Un’ecografia morfologica. Prima figlia. Attesa da 11 anni, anche se nei primi otto di matrimonio non l’avevamo mai cercata: troppo impegnati col nostro lavoro. Io riprendo la scena con l’Iphone».
Anna: «La ginecologa ci chiede se vogliamo sapere il sesso. “È una bambina”. Io e Gianluca prorompiamo all’unisono: “Lucy!”. Non so perché, non avevamo mai parlato di nomi femminili, mio marito pensava a Lino, diminutivo di fagiolino. All’improvviso cala un silenzio assoluto. La dottoressa non parla più. Continua a spostare la sonda sulla mia pancia. Capisco che c’è un problema, ma non dico nulla. “Vediamo se muove la testa...”. Finalmente fissa un fotogramma. “Secondo me ha la sindrome di Dandy-Walker. Servono subito amniocentesi e risonanza magnetica”. Dandy? Mi viene in mente qualcosa che cammina storto. “Il cervelletto non è completo. Vedo una quantità eccessiva di liquor. Se aumenta di volume, schiaccia il cervello. Servirebbe un’operazione difficilissima al feto. La fanno a Londra”».
E lei che cos’ha replicato?
«Ho chiesto: gli esami sono per il bene della bambina o servono per abortire? La ginecologa è stata corretta: non mi ha risposto. Mi ha solo spiegato che esisteva la legge 194 e che mancava solo una settimana alla scadenza del quinto mese, termine ultimo per un’interruzione di gravidanza. “Vi ordino esami approfonditi, così potete decidere”. Mi chiedevo: decidere cosa?».
Gianluca: «Io manco ero al corrente che esisteva una legge per abortire. Sa, i musicisti vivono un po’ fuori dal mondo. Siamo rimasti scioccati».
Ma all’aborto ci avete pensato o no?
«Sì, ne abbiamo parlato per tutta la sera. Il nostro tormento era uno solo: come si può mettere al mondo una bimba che dovrà soffrire per tutta la vita? Ci sentivamo morire all’idea di farlo».
Anna: «Però il mio corpo rifiutava l’aborto. Cosa potevo saperne del futuro di Lucy? E mi ripetevo: non sono io che devo decidere per lei. Poi di notte, nel dormiveglia, all’improvviso spalanco gli occhi e vedo una luce accecante, con dentro una frase: “Luce invadi”».
Uno strano imperativo.
«Non so come spiegarlo. Una cosa fortissima, che mi ha attraversato. Lucy gridava che ce l’avrebbe fatta». (Piange). «Sento questa luce calda che mi avvolge e leggo distintamente una seconda frase: “Il mondo di Lucy, un futuro di speranza”. In quel momento vedo la speranza. Ero sicura. Una certezza assoluta. Mi sono sentita un leone, fortissima. Ero investita. Ho risposto sì a quella cosa che mi gridava dentro. Sì, ce la facciamo! Ho svegliato Gianluca e gli ho detto che Lucy sarebbe stata la nostra salvezza, che lei ci avrebbe mostrato la strada, che avremmo visto attraverso i suoi occhi, che non dovevamo preoccuparci di nulla, che io e lui non perdevamo niente e che avremmo portato nel mondo questa speranza attraverso la nostra musica».
Gianluca: «Io ero confuso. Però ho percepito subito la serenità che promanava da Anna. Ho detto sì e basta. Appena nata, Lucy è stata strappata a mia moglie, ancora dolorante dopo il taglio cesareo. Ho dovuto inseguirla fino a Padova, dove l’hanno operata d’urgenza. L’ambulanza davanti e io dietro sulla mia auto. Il professor Giovanni Cecchetto mi ha chiesto: “Ma lei si rende conto di che cos’ha sua figlia?”. Alla fine s’è convinto anche lui che Lucy poteva e doveva vivere. Dopo tre giorni già mangiava col sondino il latte che la mamma le mandava da Verona».
Nel giugno scorso l’avete dovuta riportare all’ospedale di Padova.
«Teneva la testa sotto il cuscino per il dolore. D’improvviso è diventata strabica. La valvola del drenaggio ventricolo-peritoneale, che dovrà essere sostituita quando avrà 6 anni, s’era starata, facendo aumentare la pressione endocranica. Il neurochirurgo l’ha regolata. La mattina dopo Lucy s’è messa a giocare in piedi nel suo lettino. Ci avevano pronosticato che poteva rimanere strabica per sempre, invece dopo 15 giorni i suoi occhi sono tornati normali».
Qual è il grado di autonomia di Lucy?
«Sa farsi capire. Sa dire papà, mamma, pappa, obo, cioè nonno. Sa farsi amare».
Non temete che vi accusino di speculare con un musical su una disgrazia?
Anna: «Una famosa imprenditrice lo ha fatto, ha detto che volevamo emergere attraverso nostra figlia. Non è questo lo scopo del Mondo di Lucy, scaturito da una dozzina di canzoni che abbiamo scritto durante la gravidanza soltanto per mandare un messaggio a chi dovesse un giorno trovarsi nelle nostre stesse condizioni».
Quale messaggio?
«Questo: abbiamo detto sì e la pienezza della nostra vita è arrivata attraverso una bambina down che ha un sacco di problemi. Ora la strada davanti a noi è già segnata, bella, bianca, non abbiamo più il peso di non sapere da che parte andare. Potremmo anche morire domani. Siamo tranquilli. Lucy ci ha tolto qualsiasi ansietà».
Nel brano Abbiamo così tanto una strofa dice: «Non c’è niente che possa fermare la vita». A guardarsi attorno, non si direbbe: criminalità, povertà, disoccupazione, calamità naturali, malattie, contraccezione, aborto selettivo.
«Ma la vita combatte con le unghie e con i denti, come insegna la storia di Gianna Jessen, nata a Los Angeles nel 1977 in una clinica legata all’associazione abortista Planned Parenthood. Alla madre, incinta di sette mesi, iniettarono nell’utero una soluzione salina che avrebbe dovuto far morire il feto per soffocamento. Invece Gianna fu espulsa viva e riuscì a sopravvivere nonostante pesasse appena 9 etti».
Lucy partecipa al videoconcerto?
«Spesso è in sala, ma non lo diciamo. Qualcuno alla fine la riconosce. Devono vedere che sta bene, che è - mi passi il termine - bella, una bella bambina. Così magari qualcuno deciderà di salvare altre Lucy».
Gianluca: «In un palatenda c’erano 1.500 ragazzi di 16 anni. Nel momento del recital in cui nasce Lucy, si sono alzati in piedi e hanno cominciato ad applaudire. Nessuno li aveva spronati a farlo. Cantavano: “E per Lucy batti le mani”».
Anna: «Quando si riaccendono le luci, gli spettatori restano muti. Molti hanno il fazzoletto in mano. Un sedicenne di Savigliano ci ha mandato una mail: “Non volevo neppure venire allo spettacolo, mi ci hanno portato. La mia vita non può più essere la stessa”».
Che sperate per Lucy?
Gianluca: «Che sia il più possibile autonoma, che possa avere una vita sociale. I problemi li avrà quando noi non ci saremo più».
Anna: «Io sono serena, sento che ci sarà sempre qualcuno al suo fianco, che saprà stare in piedi da sola».
IlNational institute of neurological disorders and stroke purtroppo registra che nei bimbi affetti dalla sindrome di Dandy-Walker la durata della vita tende ad abbreviarsi quando sono presenti altri difetti congeniti.
«Ci avevano detto: “Non arriverà alla fine della gravidanza”, e c’è arrivata. Ci avevano detto: “Passerà la vita stesa a letto, in stato vegetativo”, ed è sempre in piedi.

Ci avevano detto: “Non camminerà”, e cammina. Ci avevano detto: “Se camminerà, barcollerà”, tanto che avevamo già scritto per lei la canzone Ciondolina. E invece lo vede come cammina dritta?».
(575. Continua)
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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