Luisa Corna: «Ora divento cantautrice»

La showgirl ha scritto quasi tutti i testi del suo primo cd Acqua futura: «Ma L’ultima luna è opera di Renato Zero»

Paolo Giordano

da Milano

Luisa Corna, lei va controtendenza. Quattro anni fa ha cantato al Festival di Sanremo ma il suo primo disco, Acqua futura esce solo ora.
«Prima non potevo, avevo troppi impegni da portare a termine. Però ho anche scritto io quasi tutti i testi delle canzoni».
Per di più ci sono anche gli arrangiamenti di Fio Zanotti, che è un signor maestro.
«L’ho conosciuto tre estati fa al Lunigiana Soul, la casa di Zucchero in Toscana. Tra l’altro quella volta c’era anche Alex Britti».
Il suo ex compagno. E ora?
«Da una ventina di giorni frequento un’altra persona, Valerio Foglia Manzillo, ci stiamo avvicinando e conoscendo. Lui mi fa stare bene. L’amore è difficile, molto difficile da trovare».
Si dice che lei abbia avuto una relazione con Umberto Bossi.
«Una scemenza: chi mi conosce sa che io non ho mai avuto avventure, non sono proprio il tipo».
Che non sia il tipo da colpi di testa, Luisa Corna, si capisce dal suo curriculum: faticosamente, e lentamente, è scappata via dal luogo comune della bella donna e, forse nella noia di girovagare qui e là senza sosta, ha trovato l’equilibrio e il coraggio di realizzare i sogni di ragazzina: ancorarsi a un disco. Acqua futura è pop liscio e lussuoso, orchestrato come si deve per servire la sua voce matronale e quasi nera. Ed è (anche) il debutto di LM, l’etichetta fondata da Lele Mora, che tra l’altro è uno dei signori a latere della tivù italiana. «Sono nella sua scuderia da tanti anni» dice lei mentre inanella un’altra delle sue espressioni a sorpresa. Luisa Corna stupisce perché certe volte non c’è bisogno che parli: spiega con il viso, sottolinea con gli occhi che illuminano anche le parole non dette.
Però quattro anni sono tanti.
«E per registrare queste canzoni ho impiegato un anno e mezzo. Ma ho scritto anche quasi tutti i testi».
L’Ultima luna è però firmato da Renato Zero.
«Io sono una sorcina da quand’ero piccola. Renato Zero ha sempre avuto il coraggio di mostrarsi per quello che è e di esprimersi anche oltre la musica. Fio Zanotti aveva composto le musiche e lui non ci ha esitato a buttar giù il testo. Spesso l’istinto è decisivo».
Parla lei.
«Tra i venti e i trent’anni sono stata quasi ferma, immobile: ero bloccata da un’altra vita. Se penso che vent’anni fa cantavo già qui a Milano, nel locale di Cesare Cadeo in centro, pazza per Aretha Franklyn e Mina...».
Rimpianti?
«Avrei voluto una famiglia immensa, numerosissima».
Nel ciddì c’è anche la versione italiana di St. Teresa, un brano di Joan Osborne.
«Si intitola Santa vita. L’ha tradotto Gatto Panceri ed è un testo che condivido fino in fondo: mi ricorda la storia di un’amica che in amore aveva subito umiliazioni. Anche se siamo nel Duemila, l’uomo vuole comunque sentire la sua donna sottomessa».
Femminismo di ritorno?
«No, riflessioni. Spesso gli uomini che ho incontrato per lavoro mi hanno molto aiutato. Ad esempio, fu Corrado a scoprirmi: mi chiamò per Tira e molla estate e non mi fece neppure un provino. Voleva me e basta. Anche Mike Bongiorno mi ha dato una grande mano. Avevamo presentato i David di Donatello e poi mi disse: “Sei brava, stai attenta a non bruciarti”.

E poi Panariello: mi fece cantare a Taratatà e, ascoltandomi lì, Fausto Leali decise di contattarmi».
I conti tornano: poi avete fatto coppia al Festival.
«E quattro anni dopo pubblico anche un ciddì. Dando tempo al tempo, i sogni spesso si realizzano».

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