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L'ultimo addio a Bocca: "Partigiano della parola"

A Milano una folla di firme del giornalismo e della cultura saluta il celebre polemista. Gli amici intonano "Bella Ciao"

L'ultimo addio a Bocca: "Partigiano della parola"

Un lungo applauso. Poi sono state le note improvvisate di Bella Ciao sul sagrato della basilica di San Vittore a Milano a dare l’estremo saluto a Giorgio Bocca, scomparso a 91 anni proprio il giorno di Natale, uno dei rari giorni in cui le redazioni dei quotidiani sono chiuse. Quasi un’ironia della sorte, come ha fatto notare qualcuno, per uno come lui, «antitaliano». Sempre e fino in fondo. Anche in questo.
«Adesso Giorgio sarà su in alto che si diverte», ha sussurrato all’uscita della chiesa Silvia Giacomoni, compagna di una vita del giornalista «che - come ha ricordato don Vignolo durante l’omelia - riusciva a scatenare una simpatia viscerale o un’antipatia altrettanto viscerale».
Passionale. Scatenato. «Sempre incazzato», come ha detto Eco. «Limpido e schietto nel suo argomentare» per il procuratore Giancarlo Caselli o «indignato» nel ricordo di de Bortoli, Bocca è stato «un partigiano della parola, un aristotelico con i piedi per terra» come lo ha definito don Roberto Vignolo, il biblista da tempo legato alla famiglia durante l’omelia davanti a una folla di colleghi, amici, intellettuali, ma anche semplici affezionati lettori che hanno voluto rendergli omaggio ieri mattina. Don Vignolo ha esordito citando proprio le parole di Bocca che svelava il segreto della propria professione: «Avere orecchie per ascoltare il creato, occhi per la caccia ed essere schermidore che sa parare o tirare». E lui «era un grande tiratore di sciabola, forse anche di spada a doppio taglio - ha sottolineato il sacerdote - ma ha sempre creduto fortemente nel lavoro della parola. Qualcuno ha detto che forse per lui la parola era un po’ ruvida, a volte anche abrasiva ma la parola in cui Giorgio Bocca si era impegnato era sempre una parola chiara».
Già, perché Bocca «più che a blandire l’interlocutore puntava semmai a ferirlo così da suscitare un impatto forte una reazione di pensiero o morale». In questo, è stato ricordato, sta l’eredità del giornalista «un vecchio montanaro che non le mandava a dire a nessuno - ha aggiunto Eco - e che continuava a prendersela». Eppure era anche stanco, «stanco di lottare - ha ricordato Natalia Aspesi in un messaggio letto in chiesa al termine della funzione - perché, come spiega nel suo ultimo libro in uscita in questi giorni (Grazie no, 7 idee che non dobbiamo più accettare, ndr), non gli piaceva più il giornalismo e non amava ciò che l’Italia sta diventando. Eppure in ogni sito, in ogni giornale, in ogni pubblicazione on line basterebbe un Giorgio Bocca per ridare dignità». Un augurio condiviso anche dalla figlia Nicoletta: «Mi auguro che qualcuno presto prenda il suo posto», invitando che si facciano avanti ragazzi con «la misura, la lucidità e il cuore che lui aveva». A rendere omaggio al giornalista circa 200 persone da Umberto Eco a Mario Cervi, da Stella a De Bortoli, Ezio Mauro, Gad Lerner, Giulio Anselmi, il magistrato Giancarlo Caselli, don Colmegna, Massimo Fini e molti altri.

A rappresentare il Comune di Milano il vicesindaco Maria Grazia Guida e l’assessore Stefano Boeri che ha annunciato che a fine gennaio assieme alla famiglia, a Palazzo Marino ci sarà «un grande momento di riflessione sulla figura di Giorgio Bocca come giornalista, commentatore e politico».
Dopo la cremazione le ceneri verranno tumulate a La Salle in Val d’Aosta. Quel luogo speciale che a lui «dava serenità».

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