La lunga festa greca finisce stanotte a San Siro

E col successo ateniese Galliani scaccia il suo incubo: «Quando il procuratore chiese la serie B per il Milan mi sentii un uomo finito»

Nostro inviato a Atene

Cinquecento, forse anche mille. Sono gli imbucati di lusso finiti dentro il salone delle feste dell’albergo trasformato per una notte nel covo greco del delirio rossonero. Senza inviti, sono guidati solo dalla passione e dal passa-parola, è un fiume in piena che travolge tutto, compreso il servizio d’ordine, grazie al via libera pronunciato da Adriano Galliani sedotto dall’inondazione. Meglio un bagno di folla, a quell’ora, per rendere più tenera la notte del Milan sette volte campione d’Europa che una cena per pochi intimi. I cinquecento, forse mille trattengono nel loro grembo anche molti inglesi curiosi che stanno a guardare per ore lo spettacolo. Tutti insieme restano in piedi e fanno da corona al Milan che si raduna di ritorno dallo stadio Olimpico con la coppa da apripista. Non ci sono canti e nemmeno cori ostili da riservare agli interisti, non ci sono balli e nemmeno danze propiziatorie ma solo una cerimonia molto familiare. Tutti gli eroi di Atene 2007, con mogli, figli e genitori al seguito, si dividono tra i tavoli, Ronaldo e Cafu sono i primi a uscire di scena, da un ingresso laterale, la famiglia di Paolo Maldini è la prima a spegnere la luce, «i bambini sono stanchi morti, li portiamo a dormire» informa il capitano. E restano nella bolgia infernale del Divani Apollo Palace tutti gli altri, con Pippo Inzaghi scatenato.
Dida è avvolto in un bandierone del Brasile, Ambrosini si trascina dietro le insegne di una parrocchia di Pesaro, la sua città, Kakà ha la giovanissima moglie al suo fianco e nei suoi occhi riflette una felicità che non si può misurare. Al taglio della torta, preparata da Michele Persichini, lo chef di casa Berlusconi, la scena è di quelle da consegnare alla piccola storia dell’evento. Silvio Berlusconi e Carlo Ancelotti si schierano per fotografi e cine-operatori, alle loro spalle Pippo Inzaghi monta su una seggiola per diventare più alto di tutti e così le mani che tagliano sono tre, intrecciate tra di loro. Adriano Galliani ha un solo ricordo ossessivo che continua ad agitarlo, una specie di incubo. «La notte di Italia-Germania semifinale di coppa del Mondo, io ero a Roma dove avevo seguito la requisitoria di Palazzi che aveva chiesto per il Milan la serie B e meno tre punti. Quella notte io mi sentii un uomo finito. Pensare di essere uscito da quell’incubo e di essere arrivato ad Atene non mi ha procurato un giramento di testa ma una conseguenza diversa: quando il Milan ha perso quattro volte di fila in campionato non mi sono fatto prendere dall’angoscia. Calma, ho ripetuto a chi mi chiedeva di liquidare la squadra fatta di vecchi arnesi. Quella calma è stata decisiva» rivela Galliani.
«Ma la svolta, Carletto, la svolta è stata a gennaio, il cambio di schieramento tattico», rammenta Galliani al suo allenatore del cuore e il riferimento è al passaggio dal famoso schema obbligatorio due punte più Kakà, alla punta più Kakà, con il recupero di Ambrosini e il cemento sistemato dinanzi alla trincea di centrocampo. «Perciò io e Gattuso ci siam presi a testate, in campo, mercoledì notte» rivela Galliani, alla guida del charter e poi del pullman, all’arrivo alla Malpensa, circondata da un’altra fetta di popolo, prima del giro intorno a Milano.

Ma l’appuntamento, ufficiale e solenne, per tutti i milanisti è stasera allo stadio San Siro, riaperto per la Coppa dei Campioni riportata indietro da casa Ancelotti. Ingresso gratis agli abbonati, per i non abbonati la società versa un obolo di un euro ciascuno da devolvere alla Fondazione Milan. Serata da incorniciare con Silvio Berlusconi tra i suoi eroi di Atene.

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