Maazel appassiona nonostante i mondiali

Venezia apprezza la lettura di Bruckner. Per il direttore è stata l’ultima tappa di un giugno tutto all’insegna dell’Italia

Piera Anna Franini

da Venezia

Tutto ha preso il via a Parma, un anno fa. «Cesare Micheli mi confidò che gli sarebbe piaciuto sentire questa orchestra in San Marco. Poi sa, io sono in parte parmigiana…». L’Orchestra è la Symphonica Toscanini, l’affermazione è di Franca Coin, presidente della Venice Foundation, l’artefice del concerto di venerdì, nella Basilica di San Marco, a favore del restauro della cupola della Creazione. Sul podio, Lorin Maazel in un giugno per lui molto italiano. Il tour della sua New York Philharmonic si è infatti incrociato con gli appuntamenti con la Symphonica Toscanini: l’orchestra scissionista, da maggio svincolata dalla Fondazione Toscanini di Parma. Venerdì, alla testa di una compagine priva del blasone di una NY Philarmonic e in una fase di coraggiose sfide, Maazel ci è parso più partecipe di quanto lo fosse durante la tournée dell’orchestra americana. Condurrà la Symphonica sempre più spesso, oggi è a Cremona, il 2 e il 4 alle Canarie, il 5 in Germania e l’8 ad Assisi con il violinista Uto Ughi. Così come sono state confermate le date di Mosca in settembre, di Roma, Palermo e Napoli in novembre e Spagna in ottobre. Del tour americano del 2007 sulle tracce di Toscanini già s’è scritto. «La Symphonica vuole essere un’orchestra internazionale, autonoma, senza una sede, salvo il particolare legame con Roma, che assieme a Mosca e a una città degli Usa, rientra nella rosa delle città di residenza della Symphonica», ci ha spiegato Luigi Baratta, anima della Symphonica.
Venerdì, a Venezia, c’era una folta delegazione di affezionati dell’orchestra che ha fatto tutt’uno con gli oltre 400 ospiti, in buona parte anche da Milano. Suggestivo il gioco di corrispondenze fra gli ori della Basilica e il turgore dell’Ottava di Bruckner con Maazel che porta i crescendo all’esasperazione-disperazione, crea gigantesche sonorità per poi inabissarle, gonfia e poi prosciuga con effetti di vertigine. Bello, nel secondo tempo, l’idea del tripudio alpestre che con i suoi modi di filastrocca si oppone all’atmosfera fatata degli archi, in rimando a un Mendelssohn di robusta costituzione. Nel terzo tempo, strette al cuore, si alternano a suoni che paiono scolpiti nella roccia. Un’esecuzione interessante, pur con i problemi d’impasto di colore legati all’acustica della Basilica.

Lettura promossa anche da un pubblico devoto ai misticismi di Bruckner ma pure - con splendida capacità di dissociazione - in collegamento con il mondo del calcio grazie ai telefonini sotto banco. Come a scuola usano gli studenti discoli.

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