Macché sacrifici, Monti compra 400 auto blu

Ce ne sono già in giro sessantamila. Ma le auto blu non bastano mai. A parole diminuiscono, nella realtà sono un vizietto a cui nessun governo vuole rinunciare. No, nemmeno quello dei tecnici che, come Savonarola, predicano penitenza e morigeratezza, Sì, ma non nei garage dello Stato dove stanno per arrivare quattrocento auto blu. Nuove di pacca. Il costo? Dieci milioni di euro. Hai voglia a parlare di spending review, di tagli alla spesa, di sforbiciate al pachiderma della pubblica amministrazione. Gratta gratta, si scopre che Roma si tratta sempre con i guanti bianchi. Solo che adesso lo fa sottovoce, senza proclamarlo ai quattro venti. La coda del pavone non è più di moda. Troppo rischioso, fra inchieste sui diamanti, suicidi di chi non ce la fa più e spread sempre con la febbre alta. Così a gennaio sul sito del ministero dell’Economia è comparso l’incredibile bando per l’acquisto di quattrocento auto blu. Per carità, si tratta di «berline medie», insomma dalle parti di Monti e del suo vice Vittorio Grilli vogliono forse dare prova di sobrietà e discrezione. Low profile. E così indorano la pillola, scoperta dall’Espresso e oggetto di una puntuta interrogazione parlamentare firmata da Antonio Borghesi, vicecapogruppo a Montecitorio dell’Italia dei valori.
La risposta di Grilli è disarmante: un elenco da sbadigli di nozioni tecniche da cui si ricava che si tratta di macchine di cilindrata non superiore ai 1.600 cc. Dunque, si riveste la spesa di pie intenzioni come se si trattasse dell’ennesima caccia agli sprechi. Che invece giganteggiano nel cielo sempre meno blu del nostro Paese.
Ma come gli è venuta ai professori un’idea del genere? C’è da stropicciarsi gli occhi. L’Italia è ingolfata dalle auto dei potenti: sono sessantamila, di cui diecimila a disposizione di ministri e dirigenti. Che a certi status symbol mica vogliono rinunciare. Le cifre in gioco sono da capogiro: quasi 2 miliardi di euro l’anno. E, ironia della sorte, secondo il Formez, il Centro servizi per l’ammodernamento della pubblica amministrazione, ben ottocento di queste auto sarebbero inutilizzate. In buona sostanza, sono ferme. Parcheggiate chissà dove. In disarmo. E allora, perché i professori non si fermano pure loro un istante a riflettere? Perché non fanno il punto su quel mix indecoroso di grandeur sbeccata e inefficienza?
Proprio ieri Grilli ha detto testualmente: «Il nostro impegno è tenere i conti in pareggio. Se non fossimo intervenuti in maniera pesante i nostri dati sarebbero molto peggiori». Peccato che l’intervento riguardi sempre gli altri. Le auto blu sono il bersaglio di grida manzoniane dalla notte dei tempi. Non c’è presidente del Consiglio che non ne annunci la rottamazione, almeno parziale. Ma, per un mistero della matematica, le continue, martellanti demolizioni non riescono mai ad assottigliare il grasso parco auto dello Stato.
Lo stesso Borghesi nell’interrogazione ricorda che un decreto del 2011 prevede «razionalizzazione e trasparenza in merito all’utilizzo delle autovetture di servizio e rappresentanza»; non solo: altri decreti, questa volta del 2010, hanno introdotto l’obbligo di non effettuare spese superiori all’80 per cento di quelle sostenute nel 2009 per «l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio delle autovetture». Meno male, verrebbe da dire, che lo scoppiettante mercato, mai in crisi, è stato calmierato. Altrimenti, cosa sarebbe accaduto?
Certo, i conti si fanno alla fine: forse i numeri degli anni precedenti, quelli delle vacche grasse, sono così larghi che c’è ancora spazio per soddisfare gli appetiti di questo o quel vip. I sacrifici vanno bene per gli altri. Le auto invece entrano nelle autorimesse.

E se la benzina per farle girare aumenta, portata sempre più in alto dalle accise, pazienza. A pagare sono i cittadini. E poi la sforbiciata, quella vera, si può sempre dare ai servizi non essenziali: la scuola, la giustizia, la sanità.

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