Machiavelli fa capolino al Valle

Laura Novelli

Cosa c’è da vedere nei teatri romani in questi giorni? Molto. Anzi, moltissimo. Tra novità al debutto e titoli ancora in scena, le proposte sono davvero numerose. E, vorremmo dire, fin troppe. La migliore «bussola» per cercare di orientarsi coincide ovviamente con i gusti e le inclinazioni personali degli spettatori, fermo restando che la qualità degli allestimenti e l’autorevolezza degli artisti impegnati in scena sono parametri che vanno sempre premiati. Ecco dunque una breve mappa pensata semplicemente per inquadrare la situazione e suggerire possibili scelte. Uno dei debutti imminenti più accattivanti è senza dubbio quello previsto al Valle domani sera: Margarita e il gallo si intitola la nuova commedia di Edoardo Erba - prolifico e arguto drammaturgo lombardo, tra le migliori firme del nostro teatro contemporaneo - che vede Maria Amelia Monti e Gianfelice Imparato, diretti da Ugo Chiti, dare vita a uno spassoso intrigo di stampo rinascimentale dove padroni e servi, amore e magia, richiami machiavellici e registri espressivi rubati alla Commedia dell’Arte disegnano una trama ricca di giochi linguistici e di azioni comiche assolutamente da non perdere (repliche fino al 19 novembre).
Promette invece atmosfere oniriche e «necessari» regressi all’infanzia il curioso allestimento di Alice nel paese delle meraviglie che Emanuela Giordano (regista e curatrice della drammaturgia) e Mascia Musy (interprete principale) affrontano al teatro India da venerdì scorso (fino al 5 novembre), proponendo al pubblico una progressiva immersione nell’inconscio che si concretizza, attraverso dieci quadri di forte impatto visivo, in una sapiente miscela di biografia emotiva e immagini attinte a Lewis Carroll. Suggestioni al femminile si ritrovano pure ne Gli occhi al cielo di Massimo Vincenzi, intenso monologo a due «voci» che Francesca Bianco porta in scena al Belli su regia di Carlo Emilio Lerici (in cartellone anch’esso fino al 5 novembre). Si tratta di due voci lontane nel tempo e nello spazio: una madre giapponese che vive l’atroce esperienza della prima bomba atomica e una madre americana che rimane coinvolta nell’attacco alle Torri Gemelle del settembre 2001. A legarle insieme ci pensano la scrittura densa ma concreta dell’autore e l’appassionata prova dell’interprete. Su uno splendido classico come La Tempesta di William Shakespeare si misura poi Lorenzo Salveti, artefice di una lettura moderna e disillusa del celebre dramma la quale, avvalendosi di un cast quanto mai eterogeneo, punta l’attenzione in primo luogo sugli aspetti antropologici di questa favola in bilico tra magia e paure umane (in cartellone alla Sala Grande dell'Orologio dal 2 novembre).

Nella rosa dei titoli già in scena da qualche tempo, segnaliamo inoltre: La battaglia di Roma di e con Pier Paolo Palladino, racconto vivido e avvolgente della resistenza antifascista (al Furio Camillo fino al 12 novembre); La vita bestia - Tuttalpiù muoio di e con Filippo Timi, istrionico monologo/autobiografia dell’attore umbro che, su regia di Giorgio Barberio Corsetti, trae ispirazione dall’omonimo romanzo scritto con Edoardo Albinati (in scena sabato e domenica prossimi al Piccolo Jovinelli); infine, 13419 - La necessità del ritorno di Roberto Attias, dove i fatti di Valle Giulia del ’68 intercettano vissuti umani carichi di dolore (repliche al Colosseo fino a domenica 5).

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