Maddalena Caterina Morano

Era sesta degli otto figli di un piccolo commerciante di Chieri, in Piemonte, che dalla guerra contro l’Austria del 1848 uscì praticamente rovinato. Anche nella salute, tanto che morì dopo essersi trasferito con la famiglia a Buttigliera d’Asti. La vedova dovette mettersi a lavorare come tessitrice, ma morì anche la sua primogenita e Maddalena dovette lasciare la scuola per dare una mano in casa. Fu lo zio prete ad aiutarla finanziariamente a proseguire negli studi fino al diploma di maestra. Ottenuto un posto di insegnante a Montaldo Torinese, coi guadagni riuscì a sistemare la madre e, verso i trent’anni, si accinse a dar corso al suo disegno di farsi suora. Si consigliò con don Bosco, il quale la indirizzò verso le sue Figlie di Maria Ausiliatrice. Preso il velo, nel 1881 fu mandata a Trecastagni, vicino a Catania, a dirigere un orfanotrofio femminile salesiano. Con gli anni, e grazie alla sua attività, la Sicilia si riempì di istituti, collegi, laboratori, convitti, centri parrocchiali, scuole, asili e associazioni, più una ventina di case religiose per la sua congregazione. Lei stessa faceva di tutto, dalla portinaia alla direttrice, dalla cuoca all’insegnante, dalla lavandaia alla catechista. I vescovi siciliani se la contendevano, a cominciare dall’arcivescovo di Catania, il b. cardinale Giuseppe Dusmet.

Ma, dopo ventisette anni di attività nell’isola, giunse l’ordine da Torino di rientrare. La Morano si accinse a partire ma subito cominciò a sentirsi male. Era un tumore non operabile che la portò alla tomba a sessant’anni, a Catania, nel 1908.

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