La "Madonna" Ferragni è un contributo all'arte

Inutile polemizzare sull'elaborazione di Vezzoli. Che omaggia l'autore della Maria attualizzata

La "Madonna" Ferragni è un contributo all'arte

Ha senso criticare la rielaborazione di un'opera sconosciuta? Scandalizzarsi perché una Madonna del Sassoferrato assume il volto di Chiara Ferragni? Partirei dalla Velata di Raffaello, l'amatissima «Fornarina» nella versione castigata coll'ampio abito arioso. A guardare in profondità il suo volto, se ne avverte la somiglianza con Monica Bellucci; e, nel mio spettacolo su Raffaello, io ne ho mostrato la sovrapposizione in dissolvenza. È un gioco, ma perfettamente legittimo, così come nel passato il classico genera il neoclassico e Botticelli genera i raffaelliti.

Sassoferrato, artista dimenticato per il suo valore, è notissimo per i suoi soggetti devozionali, per i quali è popolare e emozionale nella produzione di archetipi per Santini. Davanti al lavoro di Vezzoli, acuto e avveduto, anche nel recupero storiografico, il sindaco della città di Sassoferrato, Maurizio Greci, ha dichiarato: «lasciatemi approfondire e valutare bene la questione prima di esprimermi e decidermi come muovermi». Chissà dove deve andare! Non si vede, in verità, cosa ci sia da approfondire, nella evidenza dei fatti (artistici e creativi), e quale danno a Sassoferrato possa portare la reinterpretazione di Vezzoli, indipendentemente dal soggetto prescelto e dalla nuova modella; si tratta di un'operazione culturalmente sofisticata e che non può non accendere curiosità sul pittore, ghettizzato nella sua dimensione devozionale. È un motivo di rinnovata attenzione, per il Sassoferrato e per la sua città. Si muove con prudenza anche il presidente della Comunità montana, Ugo Pesciarelli, scegliendo riferimenti politicamente corretti, ma non di interesse estetico, sull'uso delle immagini del Sassoferrato: «Sicuramente siamo di fronte a un utilizzo davvero sui generis. Diciamo che, senza alcun dubbio, preferisco l'uso ben più fedele delle opere del nostro artista fatto da altre figure conosciute, quali Corrado Augias e Michela Murgia che, per i loro libri Inchiesta su Maria e Ave Mary, hanno recentemente scelto due dipinti diversi del Salvi per la copertina dei rispettivi volumi. Attorno al pittore, evidentemente c'è parecchio interesse».

Se Augias, infatti, utilizza Sassoferrato sul piano didascalico, e anzi lo strumentalizza, Vezzoli propone una ricreazione estetica carica di intelligenza e vitalità, che restituisce al Sassoferrato la dignità artistica che gli compete, sottraendolo all'equivoco della mera devozione popolare. Decisamente fuori fase, anche se con un'imprevista apertura (l'invito alla Ferragni), la posizione della Lega. Il consigliere Giovanni Mezzopera intima: «Ho scritto al sindaco affinché intervenga per tutelare il nostro grande artista da questo affronto. La ritengo un'offesa, perché il Salvi è una figura simbolo della comunità, giustamente omaggiato ogni anno da una rassegna a lui dedicata che sta per tagliare il traguardo dei 70 anni».

Affronto? Offesa? Quali? Né si capisce perché la reinvenzione debba essere considerata un'iniziativa di pessimo gusto (Armando Ginesi), o «un'offesa più alla religione che al nostro autore». Né l'una né l'altra, mi sembra. Se mai, il contrario. Siamo di fronte a una iniziativa che rappresenta, soltanto nella pubblicità, la società del nostro tempo, «in cui tutto sembra sia lecito per mettersi in evidenza» (Antonio Maria Luzi). Ma con reciproco vantaggio, in questo caso. E con un ritorno alla storia dell'Arte. Dovremmo compiacercene.

Questi equivoci stimolano inverosimili reazioni in chi interpreta l'arte come una forma chiusa, senza intendere l'avventura di chi sull'arte riflette, e dimenticando che l'arte nasce sempre dall'arte, in un processo rigenerativo che ha il suo momento più alto nel Rinascimento. Ma i pregiudizi moralistici sono duri a morire, e interferiscono su una materia che non ha niente a che fare con la morale. L'arte è espressione pura dello spirito, e supera i condizionamenti che la determinano. Va oltre.

L'unico artista sul quale ogni intervento, ogni dissacrazione, sono leciti, come in un campo franco, è Leonardo. Ricordate la banana di Cattelan, esposta a Miami? Anche essa, così lontana dalla Gioconda, nasce da un suo pensiero. Leonardo è presente, vivo, contemporaneo. È lui l'autore recondito della banana di cui tanto si è parlato, perché l'artista è colui di cui si parla, e Leonardo ha detto: «la pittura è cosa mentale». Tutto ciò che un artista pensa per stupire, Leonardo l'ha fatto. «Formando la pasta di una cera, mentre ch'ei camminava faceva animali sottilissimi pieni di vento, nei quali soffiando, gli faceva volare per l'aria; ma cessando il vento, cadevano per terra... Fece infinite di queste pazzie, et attese agli specchi».

Cattelan, Pistoletto, Damien Hirst: chi può concorrere con lui? Dopo 500 anni (morì nel 1519), Leonardo è presente e vivo. Tutti sono di fronte alla Gioconda, e continuano a interrogarsi sul suo significato. La Gioconda non significa, è. Come una persona. Una parente, un'amica, che si va a trovare. Questo è oggi, è ogni giorno, come così era quando egli espose a Firenze un cartone con il disegno di una «Nostra donna et una sant'Anna con un Cristo, la quale non pure fece meravigliare tutti gli artefici, ma finita che ella fu, nella stanza durarono due giorni di andare a vederla gli uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va alle feste solenni, per vedere le meraviglie di Leonardo, che fecero stupire tutto quel popolo». Ecco: Leonardo continua a stupirci, e le sue opere sono feste solenni che si celebrano ogni giorno, come se ogni giorno fosse Natale o Capodanno. Inutile indignarsi perché i francesi lo chiamano «Leonarde», lo sentono anche loro perché è morto in Francia. Il Louvre è il museo del mondo, e Leonardo, italiano, è al centro del Louvre, ovvero al centro del mondo. Non siamo noi, d'altra parte, a chiamare Paris Parigi e London Londra? Leonardo è nella mente di ogni uomo che pensa (e anche di chi non pensa). A guardar bene (pensiamo alla Maddalena Doni, alla Muta), anche Raffaello deve tutto a Leonardo, e a quell'archetipo di eterno femminino che è la Gioconda. Nessuno ha celebrato il dominio e il primato della donna, come Leonardo. Ed è un artista talmente gravido di futuro, che si consente qualunque alterazione e deformazione.

Francesco Vezzoli e Chiara Ferragni hanno aggiornato un dipinto senza tempo del Sassoferrato. E si è alzata una bufera. La Gioconda ha sopportato baffi e ogni forma di trasformazione, come se Leonardo l'avesse prevista. Nessuna provocazione può turbarlo.

Se Vezzoli avesse, più banalmente, elaborato la Gioconda con il volto della Ferragni, nessuno si sarebbe lamentato. La Gioconda è pronta a tutto. Leonardo l'ha previsto. Il povero Sassoferrato è ancora alle prime armi. Si farà.

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