Roma

Il Madooff dei Parioli in aula: «Io vittima di bullismo giudiziario»

Gianfranco Lande ha rilasciato dichiarazioni spontanee davanti al Tribunale che lo sta processando per una maxi truffa ai danni di vip e nomi noti della Roma bene. «Aggressività sproporzionata dell'accusa, nessun tesoretto all'estero».

Dopo nove mesi di silenzio il Madoff dei Parioli prende la parola in aula, davanti al Tribunale che lo sta giudicando per una maxi truffa ai danni di vip e nomi noti della Roma bene. E attacca chi lo accusa: «Sono vittima di bullismo giudiziario», dice Gianfranco Lande, sotto processo per associazione a delinquere finalizzata all'abusiva attività finanziaria. «Si è andati a caccia del giaguaro - continua l'ex titolare della Egp Italia - utilizzando una divisione corazzata e non una doppietta. Sono vittima di un'espansione dei termini di custodia cautelare. Mi si contesta una truffa da 380 milioni e mi limito a dire che la cifra è frutto di una lettura errata dei dati che io stesso ho fornito ai pm, tenuto conto che gli investitori, o quasi tutti, erano rientrati dei loro investimenti». Il pm è convinto che nasconda ancora all'estero il frutto dei suoi raggiri, ma lui nega: «Se fosse esistito un tesoretto lo avrei già indicato ai magistrati. Non mi è mai interessato accumulare alcunché, nè ho mai pensato di darmi alla fuga: dal settembre 2010 al marzo 2011 ho lavorato perché si chiarisse tutta la situazione. E invece sono scattate le misure cautelari». Parlando della sue ex convivente, Raffaella Raspi, finita nei guai assieme a lui, ora ai domiciliari dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere, Lande si abbandona un po' alla commozione: «Non c'è somma di denaro che baratterei per la sue libertà». Poi spiega perché, secondo lui, gli altri tre coimputati (la stessa Raspi, il fratello Andrea e Gianpiero Castellacci di Villanova) abbiano deciso di patteggiare la pena: «Se lo hanno fatto è perché si sono arresi a tanta violenza del pm e del gip: due di loro hanno figli e quindi ha prevalso in loro il bisogno di ricongiungersi alla famiglia. Di fronte a tanta potenza di fuoco non mi stupisco che abbiano voluto patteggiare. Questa aggressività sproporzionata dell'accusa ha sbriciolato anche la mia famiglia».

Se il presidente Carmelita Russo non lo avesse stoppato, Lande avrebbe continuato a parlare a ruota libera.

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